L’indiscrezione va presa con le molle perché a diffonderla è stato al Rai, quotidiano kuwaitiano notoriamente schierato con il fronte sunnita e contro Iran e Siria. Eppure va considerata perché riguarda le manovre intorno al futuro della Siria. Suheil Hassan, il famoso comandante “Tigre”, il generale più vittorioso della Siria, gode di grande stima e considerazione da parte del leader russo Vladimir Putin che lo vedrebbe come il successore ideale del presidente Bashar Assad. Secondo Al Rai, il Cremlino scorge nel “Tigre” le doti di un capo militare forte e determinato, garante della continuità dell’attuale leadership siriana (e degli interessi di Mosca nella regione) e allo stesso tempo non soggetto all’influenza di Tehran. Al contrario di Bashar Assad che, sostiene il giornale, è troppo condizionato dalle decisioni dell’Iran e dipendente dal sostegno militare del movimento sciita libanese Hezbollah, stretto alleato di Tehran.
È «fantascienza», una «fake news», ci diceva ieri una fonte giornalistica siriana insistendo che Mosca non può mettere in discussione la presidenza dell’alleato Assad ora che, più forte che mai, è sul punto di vincere la guerra contro i gruppi islamisti e jihadisti sostenuti dalle petromonarchie del Golfo. Peraltro Suheil Hassan difficilmente potrà essere visto dall’opposizione siriana come un’alternativa ad Assad poiché che il suo nome è legato alle sconfitte più cocenti inflitte dall’esercito siriano a jihadisti e “ribelli”. I reparti (circa 8mila uomini) agli ordini del “Tigre” inoltre non sono noti per tenere troppo in considerazione il “diritto umanitario in tempo di guerra”.
Forse è «fantascienza» però la Russia si sta mostrando più spregiudicata del solito sui vari fronti di guerra in Siria e sui tavoli della diplomazia imponendo decisioni che Damasco talvolta deve ingoiare in silenzio. Mosca prima ha lasciato, assieme a Washington, campo libero alla Turchia decisa a strappare ai curdi la città di Afrin – in cambio dell’impegno di Ankara per far uscire da Ghouta Est i miliziani islamisti di Ahrar al Sham e Faylaq al Rahman – e ora fa pressioni su Damasco affinchè, dopo la liberazione della Ghouta, accetti la formazione di un esecutivo di consenso nazionale con dentro rappresentanti dell’opposizione inclusi quelli di Ahrar al Sham. «La leadership siriana non è convinta della proposta russa – ha spiegato la nostra fonte – ma il Cremlino afferma che questa è l’unica strada per mettere fine alla guerra e dare spazio a un vero negoziato».
Comunque sia Damasco ha sempre bisogno della Russia e del suo appoggio militare e politico. Il conflitto non è finito. Resta da decidere una soluzione per i miliziani di Jaysh al Islam (sostenuti dall’Arabia saudita) che rifiutano di lasciare Douma, l’ultimo caposaldo nella Ghouta, e di essere trasferiti nella provincia di Douma. Così come resta da risolvere l’occupazione da parte di combattenti dello Stato islamico del campo profughi palestinese di Yarmouk e della cittadina di Qadam, a ridosso di Damasco. Infine c’è la provincia di Deraa dove si combatterà forse l’ultima decisiva battaglia tra l’esercito siriano e le formazioni islamiste.