Brandelli di asfalto, detriti edili, guaine bituminose, plastica, ferro, legno, vetro, tubi flessibili, pneumatici, fusti industriali, persino coperture contenenti amianto, era tutto in bella vista: 4.500 metri cubi di rifiuti speciali smaltiti senza nessuna precauzione, depositati nel terreno in un’area di 4mila metri quadrati del comune di Capodrise (Caserta). I carabinieri hanno sequestrato la discarica e denunciato il proprietario. Giovedì scorso la Guardia di finanza ha sequestrato nei pressi dell’interporto di Nola (Napoli) oltre 64 tonnellate di rifiuti speciali: guaine catramate, moduli fotovoltaici, tubi in polietilene, imballaggi e vernici. Il 13 gennaio a San Felice a Cancello (Caserta), è stata sequestrata una cava dismessa utilizzata per anni come sversatoio al punto che il percolato aveva formato un lago di immondizia, navigabile in gommone.

IL MINISTRO DELL’AMBIENTE Sergio Costa ha spigato: «Vogliamo arrivare a roghi zero: ci vogliono le forze dell’ordine per la sorveglianza e la repressione, i comuni per operazioni straordinarie di pulizia, i comitati per il presidio democratico del territorio». Il business criminale non si è mai fermato. «La Terra dei fuochi è sinonimo di morte, di camorra, di dolore per chi ha dovuto respirare quei fumi – ha scritto ieri sui social il presidente 5S della Commissione antimafia, Nicola Morra -. Il mio ex collega Franco Ortolani ha pagato il suo impegno ambientalista dovendo combattere con neoplasie che l’hanno sconfitto». Per poi concludere: «“I reati sono prescritti”: sono parole che non vogliamo più sentire. Adesso qualcuno ha ancora il coraggio di sostenere la liceità della prescrizione?». La stoccata è ai colleghi di maggioranza di Pd e Iv.

LA PRESCRIZIONE HA BLOCCATO l’accertamento della verità anche nella Terra dei fuochi. L’ultimo caso è venuto fuori lunedì scorso: i magistrati di Napoli hanno chiesto l’archiviazione di una denuncia, pur riconoscendo «gravi omissioni sotto il profilo penale e responsabilità politiche e amministrative», poiché le condotte sarebbero ormai prescritte. Il caso risale al 2014 quando l’avvocato Sergio Pisani chiese alla procura di indagare sullo smaltimento dei rifiuti nella Terra dei fuochi. La denuncia venne presentata poiché il figlio di cinque anni del legale era nato con malformazioni plurime. Casi che presentano picchi anomali nel triangolo di terra tra Napoli e Caserta. Pisani ha presentato opposizione alla richiesta di archiviazione: «L’ipotesi di reato per la quale ho domandato di indagare – spiega – cioè morte come conseguenza di altro reato non può cadere in prescrizione».

Al gip chiede, tra l’altro, di ascoltare Antonio Giordano, oncologo partenopeo che lavora per l’Istituto Sbarro della Temple University di Philadelphia. Giordano, nella ricerca «Il progetto Veritas», sostiene la correlazione tra la devastazione ambientale della Terra dei fuochi e il picco di neoplasie registrate. I dati pubblicati sul Journal of cellular physiology, sostiene Pisani, sembrano dare ragione all’oncologo visto che «i ricercatori hanno rilevato concentrazioni fuori norma di metalli pesanti nel sangue dei malati di cancro».

NEL 2014 PISANI CHIESE alla procura di accertare se Massimo Scalia, presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sui rifiuti dal 1997 al 2001, «colui che dispose la secretazione dell’audizione del collaboratore di giustizia Carmine Schiavone», abbia veramente informato enti locali, stampa, ministri interessati, «tra cui l’allora ministro dell’Interno Giorgio Napolitano e il presidente del Consiglio», che «andavano fatte le bonifiche», che i governi avevano «enormi responsabilità» e che, infine, alle audizioni prendevano parte anche gli assessori comunali. «Si poteva intervenire subito – sostiene Pisani – invece sui veleni sono stati costruiti palazzi, strade e scuole». L’avvocato chiede risposte anche riguardo all’informativa del commissario della Criminalpol Roberto Mancini, che nel 1996 aveva indagato sul traffico di rifiuti. La sua relazione è rimasta 15 anni nei cassetti: «Se fosse stata presa in considerazione avremmo potuto limitare i danni».