La tenaglia di Urbano Cairo si stringe sul pallone italiano. Se la squadra va male, quarta sconfitta consecutiva per Mazzarri, media punti inferiore all’esonerato Mihajlovic, la conquista del sistema calcio prosegue spedita. Il nuovo presidente della Lega di Serie A Gaetano Miccichè, presidente di Banca Imi, sezione investimenti di Intesa Sanpaolo, consigliere di amministrazione Rcs, è uno degli ultimi «banchieri di sistema». Ed è, soprattutto, l’ennesimo colpo messo a segno dal presidente del Toro. E di Rcs. Dopo essere riuscito a impedire l’elezione del presidente della Federcalcio, e avere orchestrato il doppio commissariamento del pallone con l’aiuto del presidente del Coni Giovanni Malagò, dopo avere fatto saltare il banco dei diritti tv, facilitando l’ingresso di Mediapro, ecco che Cairo sceglie il nuovo presidente di Lega.

E, c’è da scommetterci, avrà la parola definitiva anche sul nome dell’amministratore delegato, il vero depositario del potere. A uscirne sconfitto è Claudio Lotito. Battuto a gennaio con il suo candidato Sibilia alla Federcalcio, perso un seggio al Senato che pareva blindato per la débâcle di Forza Italia, in settimana Lotito si è visto respingere l’ultimo colpo di mano per bloccare l’arrivo di Miccichè. Con la sua caduta si sfalda quel sistema di potere di cui il presidente della Lazio era solo la faccia più visibile e colorita, e che si reggeva sulla gestione dei diritti tv da dieci anni in mano a Infront. Nonostante gli enormi danni al sistema calcio procurati dal vecchio, non è detto che il nuovo potere sia preferibile. Le prime generiche parole di Miccichè sull’Italia «patrimonio di grandi città» sono piuttosto ingenue.

Ma di questo Malagò e Cairo sono perfettamente a conoscenza. Il loro scopo è un altro. C’è da fare un profondo lavoro di riorganizzazione, dalla questione stadi alla competitività sui mercati globali, fino alla distribuzione dei diritti tv, la cui sperequazione che non ha eguali nel resto di Europa – la prima in Serie A prende fino a dieci volte l’ultima, in Inghilterra due volte – è il vero freno al sistema.

E anche il decreto Lotti appena firmato, nonostante i toni trionfalistici, non è che una modesta e intangibile riforma della deleteria Legge Melandri, di cui mantiene tutte le storture. Proprio sulla tv si gioca l’ultima e decisiva partita. Dopo il colpo di Mediapro, che gridando ai quattro venti di voler fare il canale della Lega ha sbaragliato la concorrenza con un’offerta fuori mercato, è arrivata la lettera dell’antitrust a ribadire l’ovvio: il bando si riferiva solo alla rivendita dei diritti a soggetti terzi, e non alla creazione di un nuovo soggetto editoriale. Ma la questione non è certo chiusa.

Dovesse saltare tutto, e c’è la possibilità, tornerebbe a farsi sotto Sky come player dominante e riprenderebbe a respirare anche Infront. Se invece riuscirà a partire il canale indipendente della Lega gestito da Mediapro – domani è previsto un incontro informale tra la società spagnola e i vertici dei 20 club di A – ecco che si arriverebbe alla fine della lunga marcia intrapresa qualche mese fa dal Cairo e Malagò: il distacco della Lega di A dalla Federcalcio e la creazione di una lega privata e indipendente sul modello della Premier League inglese. Per Cairo sarebbe un trionfo. Per la classifica del Toro, invece, sarà decisiva la ripresa di Andrea Belotti.