Per Go Dugong, il concetto di taranta (e tarantella) non è un passpartout modaiolo. Ma energia, capace di ribaltare i termini della questione meridionale e di divulgare nel pianeta l’immagine di un Sud nuovo e propositivo attraverso i valori della sua cultura, magica e antica. Un’arte che fa a pugni con l’universo omologato-globalizzato.

La taranta è vita, non è un approccio popolare né folklore, diceva Antonio Infantino, il magico trickster. Go Dugong parte da un assunto molto analogo. «Mi sono immaginato un gruppo di lavoratori della terra in acido, che suonano strumenti di fortuna». Un concetto attorno al quale si snoda il suo nuovo disco, Meridies. E si inoltra nell’immenso sapere arcaico come alternativa all’interpretazione in chiave sociologica che colloca il sapere magico come psicologia delle classi subalterne. Un’esplorazione nella leggenda del ragno nero che avvelena e induce al ritmo ossessivo della taranta, cominciata qualche anno fa con un mini-album elettronico, TRNT, e prosegue in modo compiuto con Meridies. «Alcune fonti accreditano il nome della tarantella proprio alla città di Taranto – spiega l’artista pugliese, secondo cui sarebbe un ritmo coreutico-musicale sviluppatosi in quella zona. Ma con tarantella si intende un macro-genere che comprende la tammurriata, la pizzica, la pizzica pizzica. Tammurriata e pizzica sono molto diverse.

La tammurriata è più techno come ritmo, la pizzica è più terzinata. La pizzica pizzica è della zona di Taranto ed è più veloce ma non è facilissimo cogliere le differenze se non si possiedono competenze musicologiche, io sono un produttore non un etnomusicologo». «TRNT era un disco di taranta/tronica come lo definisci tu. Meridies è psichedelìa, taranta psichedelica, direi».

UN ARMAMENTARIO di melodie, ritmi, e una musicalità che prendono spunto dalla tarantella tradizionale per re-inventarla, mescolandola alla musica di altre regioni e altri Paesi, ed elevandola a sound internazionale. Oppure contaminandola con la psichedelìa, l’elettronica, gestuale e performativa (con l’uso di costumi e maschere rituali). «Meridies è molto melodico come disco. È più suonato, lavorato, manipolato. L’elettronica c’è nel senso che anche le cose registrate sono lavorate con mezzi elettronici, filtri, effetti, manipolazioni. Ma la fonte è acustica.

In TRNT il tamburello, non è un sample, non è suonato, è programmato con la drum machine. Ho cercato di riprodurre il suono pensando a come si suona il tamburo, all’intensità con cui lo suonano, al movimento della mano. Ho cercato di creare ogni singolo suono in base al colpo, a seconda se lo prendi con le dita, col pollice o con l’indice e ho programmato queste batterie elettroniche che fanno il suono del tamburello. TRNT ha una concezione più elettronica». Meridies è un centone di prospettive, di angolazioni da cui guardare alla tarantella che si è staccata dal tarantismo, aprendo un ventaglio originale di possibilità. «Prima di questo disco ho tentato un altro esperimento, di identificare il tarantismo nei tempi moderni. Ho cercato un’analogia tra l’isteria moderna e quella dei tarantolati con un ritmo techno/progressive. Il discorso è interessante ma poi ho cambiato direzione perché non mastico molto quei ritmi, non sono certo uno che proviene dal mondo del clubbing. Sono piuttosto un devoto della psichedelìa anni Sessanta e Settanta, della scuola italiana di Piccioni, Umiliani, Sorcini, Nicolai. Poi, il jazz di Miles Davis, Pharoah Sanders, Coltrane».

ECCO ALLORA l’esordio, Sacàra, un sapido fluire di chitarre e tastiere moog disposte in modo costante in modo da lambire la coscienza dell’orografia psichedelica contemporanea. «Sud e Magia di De Martino ma anche Il Ritorno del dio che balla di Andrea Romanazzi sono letture che mi hanno aiutato ad isolare dei concetti per poi svilupparli musicalmente». Esorcismo è un rito apotropaico che invoca chissà quale divinità pagana, con affioramenti di un’arpa ebraica, fisarmonica e clarinetto (a doppia canna), il ritmo e i gesti scanditi dai tamburi di Alfio Antico.

«È STATO REGISTRATO a casa sua durante una giornata trascorsa con lui a Ferrara. Praticamente è una voce improvvisata su due righe che ha scritto mentre mi parlava della relazione tra il ciclo dell’agricoltura e la sessualità». Randagio invece, è un’immersione nel bruitismo.«Questo è un pezzo che non ha niente a che fare con la taranta, e affonda nei ricordi delle mie vacanze di bambino in una località marittima nei pressi di Taranto che si chiama Lama. All’epoca era un posto molto desolato dove c’erano orde di cani randagi che la notte abbaiavano e si azzannavano tra loro. È un ricordo un po’ inquietante perciò ha questo andamento oscuro. L’attitudine graffiante metal/noise è di Mai Mai Mai. Ho preso un sample di tammurriata napoletana noise/psichedelica e ho riprodotto l’ululato dei cani con un tamburello filtrato con un sintetizzatore granulare». Sono espedienti che il produttore e dj di origine tarantina, mette a sistema per elaborare una propria concezione di tarantolismo pschichedelico. «Ma guarda, ho un set minimale composto da un pc, una bellissima scheda audio, una tastiera e i microfoni. Per Meridies ho tirato fuori tutto l’armamentario di pentole, coperchi, scatoloni di giocattoli che avevo in casa. I muggiti che si sentono nel disco provengono da una vuvuzela giocattolo; rallentando il suono si abbassa la tonalità e viene fuori quel suono basso».

Sulle prospettive di ricerca future aggiunge: «Non mi fisso mai su un genere o su un suono. Se dovessi ritornare sul discorso della tarantella non la imposterei sicuramente come ho cercato di fare prima di Meridies. L’idea che mi viene in mente ora è un basso ipnotico con più ritmiche, ma lascerei da parte la techno e la cassa dritta. Sicuramente quello che ho capito anche da questa esperienza di Meridies è che preferisco lavorare con musicisti bravi come quelli che hanno preso parte a questo disco e che mi hanno aiutato a realizzare il suono che avevo in mente».