Nella quotidiana conferenza stampa durante la quale il governo svizzero aggiorna e commenta i dati dei contagi da Covid-19, il rappresentante dei medici cantonali della Svizzera Thomas Steffen non ha usato giri di parole e abbandonato il tono solitamente felpato con il quale gli svizzeri sono soliti fornire le notizie. «Siamo attualmente molto impegnati con domande riguardanti potenziali focolai in ospizi, scuole e club sportivi dilettantistici», ha spiegato.

IL PROBLEMA È che la Svizzera, dopo aver sostanzialmente passato indenne la prima ondata, fatta eccezione per il Canton Ticino e per la l’area francofona, la seconda sta colpendo più forte a nord delle Alpi, mettendo in discussione il modello finora adottato, più simile a quello svedese che all’italiano. I dati di ieri parlano di 3.008 positivi in un solo giorno, su una popolazione di poco più di otto milioni di abitanti, meno della Lombardia. Il doppio dell’Italia, il quadruplo della Germania, più della Gran Bretagna e della Spagna. Sebbene due terzi dei casi siano asintomatici o quasi e il sistema sanitario non desti preoccupazioni, i timori sono legati alla imprevista crescita dei contagi, più che raddoppiati in appena una settimana.

L’incremento della curva epidemiologica mette in difficoltà la gestione finora adottata, fondata su un modello di fatto «svedese» nella Svizzera tedesca, basato sulla fiducia nell’autodisciplina dei cittadini, e «italiano» nel Canton Ticino, con più regole e imposizioni. Il virus rischia così di mettere a dura prova la democrazia estremamente parcellizzata del paese, con il governo che si trova a dover imporre norme mal sopportate dai Cantoni, che rivendicano ognuno la propria libertà di decidere le misure da adottare.

Il punto è che l’incremento dei casi in particolare nelle città più grandi, come Zurigo e Berna, sta mutando anche l’opinione delle persone. «Fino a due settimane fa ricevevamo domande piuttosto critiche sulle misure prese, mentre ora prendono contatto sempre più persone preoccupate per la situazione», ha detto l’esperto del governo.
La soluzione adottata lunedì non è dissimile da quella italiana: obbligo di mascherina in tutti gli spazi pubblici al chiuso, vietati gli assembramenti di oltre quindici persone, consumazioni solo da seduti in bar e ristoranti, ma senza coprifuoco o chiusure imposte. Inoltre, il governo ha raccomandato il telelavoro, che «contribuisce a ridurre gli assembramenti di persone e riduce il rischio di dover mettere in quarantena un intero team a seguito di un caso di Covid-19».

Lo spettro è quello di un nuovo lockdown, al quale si oppone la potente Confindustria svizzera. Dopo il crollo record del Pil, che ha fatto registrare un -7,3% nel primo semestre, ora gli industriali temono che la ripresa si fermi e che un secondo blocco porti «al fallimento di numerose imprese e a inevitabili ristrutturazioni con conseguente aumento considerevole della disoccupazione», come ha denunciato l’associazione delle imprese ticinesi.

In realtà, nonostante il segno meno, l’economia svizzera ha finora tenuto meglio di quella degli altri paesi europei, grazie alla presenza delle industrie chimiche e farmaceutiche che sono invece cresciute dello 0,3% nello stesso periodo. Inoltre, il governo ha finanziato il welfare e le attività private, impedendo così chiusure e fallimenti. La crisi ha colpito duramente il settore turistico e dei trasporti, dove sono incorso pesanti ristrutturazioni, a partire dagli aeroporti da mesi semivuoti.

A BENEFICIARE DEL COVID sono state invece le banche. Ieri la Ubs ha annunciato un bonus a tutti i dipendenti pari a un quarto dello stipendio mensile . Il terzo trimestre si è chiuso con un utile netto di 2,1 milioni di dollari, la cifra più alta da cinque mesi a questa parte.