Il nuovo «Dpcm», il decreto del presidente del Consiglio dei ministri, non è ancora pronto, ma sui contenuti non ci sono dubbi. «Le misure verranno estese certamente fino a Pasqua», annuncia il ministro della Sanità Speranza. Ma i dpcm restano in vigore per 14 giorni. Dunque sino al 18 aprile sarà confermato l’intero pacchetto dei restringimenti: quarantena, chiusura nei negozi, sospensione delle attività produttive. Lo impone lo stato del contagio, che nonostante i segnali positivi non è tale da permettere di abbassare la guardia senza avere la certezza di ripetere la tragica esperienza della settimana di follia a cavallo tra febbraio e marzo, con conseguente dilagare del virus.

MA LO IMPONE ANCHE la percezione chiara che i cittadini italiani stiano iniziando invece proprio ad abbassare la guardia e a uscire di casa, probabilmente anche come reazione psicologica alle notizie positive sul fronte medico.
I DATI DEL WEEKEND, da questo punto di vista, sono tanto eloquenti quanto allarmanti: ieri 6550 denunciati, sabato 4942. Si capisce quindi la drasticità secca del ministro per i Rapporti con il Parlamento D’Incà: «Cedere alla tentazione di affidarsi alla frenesia di emozioni istintive, o a calcoli di natura diversa da quella scientifica, potrebbe rendere vano quel che è stato fatto. Sarebbe un insulto per chi ha lottato ma non ce l’ha fatta».

LE «EMOZIONI ISTINTIVE» sono quelle che spingono a uscire. Ma i “calcoli” a cui allude D’Incà sono quelli delle aziende che esercitano una pressione costante per riaprire prima di Pasqua o subito dopo. Ieri ha dato voce a quella spinta, che trova ascolto in Renzi ma anche nel governatore della Liguria Toti, soprattutto il presidente di Federacciai Banzato: «Noi siamo fermi al 95%. Francia, Spagna e Germania continuano a produrre. La siderurgia potrebbe essere lasciata fuori dai mercati».

FINO AL 18 APRILE l’invocazione non può trovare ascolto. Solo dopo quella data si vedrà cosa riaprire. Di certo sarà un percorso graduale e a dettare i tempi di un comunque molto lento ritorno alla normalità non sarà solo il quadro sul fronte del virus, la conferma o meno dei segnali positivi riscontrati negli ultimi giorni sul fronte della crescita dei contagi e delle guarigioni. Altrettanto fondamentale sarà la possibilità di disporre degli strumenti medici e tecnologici che il governo spera di poter mettere in campo dopo il 18 aprile: la tracciabilità dei telefonini, che consentirebbe di avvertire immediatamente chi è entrato in contatto con un positivo invitandolo a presentarsi alla Asl per gli accertamenti, e l’analisi sierologica, molto più rapida dei tamponi e che offrirebbe comunque la possibilità di uno screening di massa prezioso. Senza contare, naturalmente tamponi e mascherine, che continuano a scarseggiare. Senza quegli strumenti a disposizione, anche in presenza di un calo dei contagi il rischio di un ritorno di fiamma del virus resterebbe elevatissimo.

IL GOVERNO E SOPRATTUTTO il Comitato tecnico-scientifico stanno vagliando e mettendo a punto diversi scenari da adottarsi poi a seconda delle circostanze. Ma anche se è presto per dire come funzionerà lo scaglionamento alcuni elementi sono già certi: per molti aspetti, se non per tutti, l’emergenza proseguirà almeno sino a maggio. I luoghi di socialità, scuole, ristoranti e bar, saranno gli ultimi a riaprire.

DUNQUE ALL’EMERGENZA sanitaria si affiancherà sempre più quella economica. I 400 milioni stanziati per i comuni dal dpcm di sabato sono una goccia nel mare. La promessa di erogare le casse integrazione entro il 15 aprile sarà molto difficilmente mantenuta. M5S e LeU insistono quindi per il varo immediato di un vero reddito d’emergenza. E la ministra del Lavoro Catalfo annuncia di star lavorando a un piano coperto da uno stanziamento di 3 miliardi.
IL MOMENTO CRITICO, nella maggioranza, potrebbe arrivare proprio quando si tratterà di chiudere la partita con l’Europa sulle misure necessarie per disporre di tutti i fondi necessari. La trattativa è in corso ma è evidente che, sia pure in cambio di condizioni attenuate, l’Italia dovrà ricorrere agli aiuti del Mes. Per i 5S, e sinora anche per Conte, è sempre stata un’ipotesi inimmaginabile. Se una divisione si creerà nella maggioranza sarà su questo, non sull’agenda delle riaperture.