Nel 1999 il cinema dell’orrore fu scosso da una rivoluzione chiamata The Blair Witch Project: basta riprese professionali, il vero orrore nasceva da filmati amatoriali spacciati per veri. Le sale si riempirono, (a fronte di un budget di appena 60 mila euro la pellicola incassò più i 250 milioni), e il cinema lentamente si piegò ad un cancro che illuse i più che bastava una telecamera da 100 euro per essere Spielberg.

La forza però dell’opera di Daniel Myrick e Eduardo Sánchez era stata quella girare un’opera che ti calava dritto nell’orrore, una sensazione di disagio e paura che gettava lo spettatore dritto tra le fauci della strega di Blair, qualcosa che, non ce ne voglia Deodato e il suo Cannibal Holocaust, non si era mai vista prima, soprattutto con una tale forza. Da qui comparvero seguiti interessanti ma non baciati dallo stesso successo, ma soprattutto tre gagliardi giochi per PC che esploravano, in diverse epoche, la mitologia della strega più terrorizzante del cinema americano.

Per realizzare nel 2000 i tre videogames, Blair Witch Volume I: Rustin Parr , Blair Witch Volume II: The Legend of Coffin Rock e Blair Witch Volume III: The Elly Kedward Tale, ci lavorano tre team diversi, Terminal Reality, Human Head Studios e Ritual Entertainment, ognuno alle prese con un capitolo diverso, riuscendo comunque a creare un raro caso di tie-in dall’esito artistico stupefacente. Certo le opere ricordavano il precedente Nocturne, di un anno prima, sempre della Terminal Reality, uno dei più interessanti horror del periodo, ma lasciava da parte sia i combattimenti concitati che le atmosfere spionistiche per concentrarsi soprattutto sull’anima di questa saga, il terrore e lo smarrimento vagando per i boschi.

Tanto piacere quindi ci ha fatto la notizia recente che Bloober Team, la stessa del gagliardo Layers of Fear, stava lavorando ad un gioco per Xbox One e Pc (ma poi è sbarcato anche su PS4) dedicato alla strega di Blair. Sapevamo pure che l’approccio al tema sarebbe stato differente da quello giocato quasi vent’anni fa, non più la terza persona ma la prima così da amplificare il senso di terrore dell’esperienza, ma, pur essendo un buon prodotto, l’opera non ci ha convinto del tutto. Gioca a suo sfavore una durata davvero miserrima, anche 3 ore se si va spediti, un gameplay che non esiste rendendolo, appunto come Layers of Fear, un walk simulator, e una certa noia nel portare a termine l’intera avventura anche con i quattro finali più uno segreto.

Stavolta indossiamo i panni di Ellis Lynch, ex poliziotto con disturbi mentali, alla ricerca per un ragazzo scomparso nella foresta di Black Hills a Burkittsville, nel Maryland, territorio di caccia appunto della famigerata strega di Blair. Ad aiutarci, come nel vecchio Haunting Ground per PS2, abbiamo un cane fedele che, al pari di un Tamagotchi dovremmo coccolare e nutrire, pena la dipartita per via delle forze del male sotto forma di figure allergiche alla luce. La grafica è fantastica, questo ci fa calare facilmente e subito nell’azione, il sistema di investigazione, per quanto mutuato su quello di What Remains of Edith Finch dei Giant Sparrow, molto coinvolgente, e la storia, soprattutto nel finale, qualunque esso sia, aumenta finalmente il ritmo fino a portarci faccia a faccia con la nostra nemesi. È un peccato che molte cose buone vengano inficiate da una cattiva cura dell’insieme perché l’opera dei Bloober Team, quando si ricorda che non siamo a passeggio in una bella e suggestiva cartolina, sa colpire, farci tremare e riportarci a quel lontano 1999 quando il cinema subì una rivoluzione chiamata mockumentary.