Avrebbe compiuto novant’anni il 22 marzo Giuseppe Morelli, leader della Fim Cisl e poi della Flm unitaria negli anni ‘60 e ‘70 – quando i metalmeccanici davano «l’assalto al cielo» -, cattolico del dissenso, principale promotore delle 150 ore per il diritto allo studio degli operai, militante del Pdup e di Democrazia proletaria, amico e sostenitore di un giovane Luiz Inácio Lula da Silva che nel Brasile dei militari stava dando vita alla Central única dos trabalhadores (Cut), fra i primi nel sindacato italiano ad accorgersi della centralità del tema ecologico. Avrebbe avuto ancora molto da dire e da fare se nel 1993, proprio di ritorno dal Brasile, un ictus non lo avesse costretto a interrompere la sua attività sociale e politica, fino alla morte, vent’anni dopo, nel 2013.

La storia tanto importante quanto poco conosciuta di Morelli è ora ricostruita per la prima da Francesco Lauria, ricercatore del Centro studi Cisl di Firenze, in un denso e documentato volume: Sapere Libertà Mondo. La strada di Pippo Morelli (Edizioni Lavoro, pp. 500, euro 28).

MORELLI NASCE DEL 1931 a Reggio Emilia. Non vi partecipa attivamente per la sua giovane età, ma vive la Resistenza, comprese le sue contraddizioni: il fratello maggiore Giorgio, partigiano cattolico delle Fiamme verdi, morirà nel 1947 per le conseguenze di un agguato da parte di partigiani comunisti. Frequenta gli scout, si laurea in Scienze politiche, entra al Centro studi Cisl di Firenze, fondato da Giulio Pastore e ispirato anche da Giuseppe Dossetti, fucina di sindacalisti di valore a cui contribuisce lo stesso Morelli, come organizzatore di campi scuola e incontri di formazione.

Da esperto di contrattazione collettiva, si trasferisce a Milano, alla Federazione dei metalmeccanici (Fim), di cui diventerà segretario nazionale e che contribuirà a rinnovare profondamente, insieme a Luigi Macario e Pierre Carniti, rivendicando autonomia dalla Dc (il sindacato non deve essere la «cinghia di trasmissione» del partito) e dalla stessa Cisl nazionale; e lavorando all’unità sindacale nella Flm, la Federazione dei lavoratori metalmeccanici, che per un decennio, fino al «decreto di San Valentino» del 1984 terrà unite Fim, Fiom e Uilm.

SONO GLI ANNI della contaminazione con il movimento studentesco, dell’ingresso nella Fim dei giovani del ‘68 (i «capelloni del sindacato» che Morelli difendeva contro i «matusa»), degli «operai e studenti uniti nella lotta», della conquista dello Statuto dei lavoratori e delle 150 ore, una delle principali battaglie condotte da Morelli, insieme anche a Bruno Trentin e Antonio Lettieri della Fiom. Negli anni ‘70, all’impegno sindacale si affianca quello politico, civile ed ecclesiale: i Cristiani per il socialismo, la battaglia per il divorzio con i «cattolici per il no», la militanza nel Pdup e in Dp.

Nel 1981 il primo viaggio in Brasile, per incontrare «un giovane e combattivo sindacalista e attivista sociale»: Lula. E, per tutti gli anni ottanta e l’inizio dei novanta, quando nella Cisl di Franco Marini e soprattutto di Sergio D’Antoni la sinistra veniva progressivamente ridimensionata, l’impegno ecologista e internazionale, con il Brasile, fino all’ictus del 1993.

Morelli è stata una «persona ponte», scrive Lauria: «ponte tra il mondo della cultura e l’attivismo sindacale, tra la dimensione ecclesiale e la sinistra radicale, ponte tra il nord del mondo e quel Brasile dove, con lungimiranza, aveva avvertito «un possibile percorso di emancipazione complessiva dei ceti popolari attraverso il sindacato, non senza avvertire delle possibili contraddizioni».