l comunismo quale si viene attuando in Urss è agli antipodi del nazismo: il comunismo è impregnato di fratellanza cristiana ed è perciò antirazzista per eccellenza mentre il nazismo e il fascismo sono essenzialmente e in primo luogo razzisti. Quindi due fenomeni inconciliabili e opposti il comunismo e il nazismo».

QUANDO Alcide De Gasperi, uno dei padri fondatori dell’Unione Europea, il 23 luglio 1944 pronuncia queste parole al teatro Brancaccio in una Roma da poco liberata dagli Alleati, il quadro storico e politico in cui è maturata e si sta combattendo la seconda guerra mondiale gli è, naturalmente, chiarissimo. Da una parte le forze dell’Asse guidate dalla Germania di Hitler dall’altra l’Alleanza internazionale antifascista composta da Usa, Urss, Gran Bretagna e Francia.

È UNA GUERRA totale e di sterminio quella scatenata dalle dittature nazifasciste che può e deve concludersi, secondo la formula stabilita da Churchill e Roosvelt nella conferenza di Casablanca del gennaio 1943, solo con la «resa senza condizioni» di Italia, Germania e Giappone ovvero con la cancellazione dei regimi dittatoriali che hanno portato questi paesi e il mondo alla più grande catastrofe bellica della storia dell’umanità.

Il 19 settembre scorso il Parlamento europeo si è incaricato di riscrivere quella storia con l’avallo di 535 deputati (tra cui l’intera destra italiana e, salvo rare eccezioni, il Pd) che hanno votato la Risoluzione «sull’importanza della memoria europea per il futuro dell’Europa» che ha, di fatto, equiparato sul piano storico nazismo e comunismo.

IL DOCUMENTO afferma che la Seconda guerra mondiale «è iniziata come conseguenza immediata del famigerato trattato di non aggressione nazi-sovietico del 23 agosto 1939, noto anche come patto Molotov-Ribbentrop». Contestualmente la risoluzione «invita tutti gli Stati membri a celebrare il 23 agosto come la Giornata europea di commemorazione delle vittime dei regimi totalitari». Indicazioni che esprimono insieme un falso ed un’omissione storica, finalizzati a cancellare le enormi responsabilità delle democrazie europee di fronte all’ascesa del potere nazista.

IL PATTO Molotov-Ribbentrop venne siglato quasi un anno dopo il Patto di Monaco stipulato il 30 settembre 1938 tra i nazisti ed i capi di governo britannico e francese Chamberlain e Daladier. Quell’accordo sancì non solo l’appeasement (l’accomodamento) alla politica di Hitler (che aveva già annesso l’Austria e invaso la Cecoslovacchia) da parte di Parigi e Londra, ma anche l’isolamento dell’Urss rispetto alle mire belliche tedesche.

IL SECONDO conflitto mondiale fu vinto grazie all’enorme sforzo umano e militare dell’Unione Sovietica, che pagò un tributo di 25 milioni di morti (metà delle vittime totali della guerra) per la sua strenua lotta al nazifascismo rappresentata nell’immaginario collettivo dalla Resistenza delle città di Leningrado e Stalingrado.

A loro prima di tutto avrebbe dovuto doverosamente rivolgersi la risoluzione del Parlamento che si propone di «onorare le vittime». Al contrario l’equiparazione di aggressori e resistenti, di vittime e carnefici lungi dal rappresentare la «valutazione chiara e fondata su principi» proclamata dal documento, finisce per scardinare le basi stesse dei fondamenti democratici emersi dalla catastrofe bellica, ponendo sullo stesso piano i nazifascisti ed i partigiani comunisti di tutta l’Europa che invece combatterono, insieme a cattolici, socialisti, azionisti, monarchici, repubblicani e militari, a fianco delle forze Alleate contribuendo in modo fondamentale non solo all’esito della guerra ma alla costruzione istituzionale e costituzionale delle democrazie europee di massa del Novecento. Anche a loro sarebbe spettato il tributo, scandalosamente assente, delle istituzioni di Bruxelles.

L’EUROPA chiede alla Russia di fare i conti con il proprio passato ma è lo stesso continente in cui nel dopoguerra criminali tedeschi e italiani (ma non solo loro) vennero amnistiati e riciclati ai vertici dello Stato in nome dell’anticomunismo e dove ancora oggi i governi si rifiutano di risarcire i familiari delle vittime delle stragi e del terrorismo nazifascista.

LA RISCRITTURA e lo stravolgimento della storia operati a Bruxelles, mossi da una nuova politica di appeasement stavolta nei confronti dei governi della destra regressiva instaurati a Budapest, Varsavia e fino a poco fa a Kiev, «chiede l’affermazione di una cultura della memoria condivisa» da diffondere «nei programmi didattici e nei libri di testo di tutte le scuole». Di nuovo, dunque, il controllo «per legge» del passato espropria la storia del suo orizzonte di senso, trasformandola in strumento di propaganda il cui macroscopico approdo torsivo è rappresentato dall’improprio richiamo alla Nato come fattore fondativo della Ue.

IL PRESIDENTE del Parlamento David Sassoli tentando di giustificare la risoluzione ha dichiarato, sbagliando persino data, che non ci si deve dimenticare che «quarant’anni fa, a Praga, che è casa nostra, arrivarono i carri armati». Nessuno lo dimentica, come nessuno dimentica il colpo di Stato militare in Grecia del 1967 o il sostegno alle dittature in Spagna e Portogallo fino al 1974. Tutte «patrie europee» in cui le potenze continentali ebbero un ruolo di grave responsabilità e connivenza nel sostegno alle dittature.

Il Parlamento di Bruxelles non ha approvato risoluzioni contro i governi di allora o contro la stessa Nato che li sostenne. D’altro canto la storia è materia troppo alta e complessa per lasciarla al voto di deputati non degni della storia dei padri.