Quando, dopo aver pubblicato quattro romanzi, ha deciso di scrivere di sé e della sua vita, José Luis Cancho avrebbe potuto imboccare strade consuete: la classica autobiografia, la diaristica, il memoir o la sin troppo praticata autofiction, della quale il prolisso narcisismo alla Knausgård rappresenta la versione più estrema. Con I rifugi della memoria (Arkadia, pp. 76, euro 13, ben tradotto da Marino Magliani) lo scrittore spagnolo ha scelto tuttavia un altro percorso, nota Andrés Barba nella prefazione, accostando il libro all’Autoportrait di Edouard Levé e al Mi ricordo di Joe Brainard (Lindau, 2014). COME LORO, infatti, anche Cancho azzarda...