In Cina il numero quattro è un numero sfortunato. Nel mio albergo qui a Macao, non c’è un quarto piano. Ma io sono qui proprio per la quarta edizione del Macao International Film Festival and Awards (IFFAM). E in questa ex-colonia portoghese, una Las Vegas dell’est, gli organizzatori hanno curato un programma di diversi film provenienti da tutto il mondo, dal dinamico e prolifico maestro giapponese Takashi Miike alle meditazioni profonde di Terrence Malick.

Ad aprire il festival, c’era la nuova commedia del talento prodigioso neozelandese di Taika Waititi Jojo Rabbit. Ambientato durante l’ultimo periodo della seconda guerra mondiale, Jojo, dieci anni, (Roman Griffin Davis) è un Nazista convinto, che affronta i problemi della sua gioventù – il bullismo, la mancanza del padre ecc. – con l’aiuto del suo amico immaginario Adolf Hitler (Waititi). Un film molto in chiave Wes Anderson che ha diviso la critica, per me un film troppo rassicurante. L’oscurità e l’odio non diventano mai reali come in La Vita è Bella di Roberto Benigni per esempio o Essere o Non Essere di Ernst Lubitsch.

Macao si trova a circa un’ora di traghetto da Hong Kong e da un certo punto è possibile vedere la terraferma cinese … in realtà mi sembra di essere in un altro mondo. A centinaia di chilometri lungo il confine tra Corea e Cina troviamo l’ambientazione di Wisdom Tooth il debutto di Liang Ming, un misto fra giallo e dramma famigliare. Guxi (Xingchen Lyu) ha mal di denti e vive con il fratello Guliang (Wu Xiaoliang, premiato per questo ruolo). Hanno un rapporto intimo e quasi perfetto ma l’arrivo di Qingchang (Wang Jiajia), una donna che ha viaggiato molto, figlia del mafioso e capo di Guliang, disturba l’equilibrio, provoca gelosia e fa iniziare la tragedia. Altri film cinesi hanno raccontato la storia comica di Sadie Sealy Lucky Grandma e della regia di Derek Tsang di Hong Kong, un film di denuncia sul bullismo a scuola: Better Days.

Premiato dal pubblico, il film australiano di Rodd Rathjen Buoyancy racconta la storia di Chakra (Sarm Heng, premiato anche lui per il suo ruolo), un quattordicenne che scappa di casa per trovare lavoro ma diventa uno schiavo su un peschereccio. È un film realistico che tratta un tema poco esplorato nel cinema. Pur non essendo un attore professionista, Heng è molto convincente nel ruolo, e traccia il cambiamento da vittima innocente a uomo che deve diventare bestia per sopravvivere.

Tanti i film di Hollywood: lo strano genio di The Lighthouse che si è fatto notare a Cannes, con Robert Pattinson e Willem Dafoe nei panni di due guardiani del faro che impazziscono su un’isola remota, il dramma legale di denuncia di Todd Haynes Dark Waters, con Mark Ruffalo. Un film che tratta una leggenda hollywoodiana ma è in realtà un film britannico, Judy, con Renee Zellweger nei panni di Judy Garland (dal 6 febbraio nelle sale) nei suoi ultimi concerti a Londra, un ritratto pieno di ammirazione per la sua protagonista e di amarezza contro il sistema degli studio che hanno abusato di questa bambina prodigio.

Altri film notevoli in programma sono stati Bellbird dalla Nuova Zelanda e The Platform, una parabola di orrore spagnola, ma il film che ha vinto giustamente il concorso internazionale è Give Me Liberty di Kirill Mikhanovsky che ho incontrato con la produttrice e scrittrice Alice Austen. Racconta un giorno nella vita di Vic (Chris Galust), un autista per disabili che si trova incaricato del trasporto di un gruppo di anziani russi ad un funerale nel mezzo di un inverno di Milwaukee.

Il titolo del film cita la statua della libertà. Come mai?
Alice: Avevamo tanti titoli ma eravamo in un caffé e ad un certo punto è entrato un tizio con indosso una maglietta con la statua della libertà con un nastro sopra gli occhi e questa frase. E abbiamo capito subito di aver trovato il titolo giusto.
Kirill: Era un immigrato tunisino, un meccanico. Ha riparato i miei freni.
Alice: Ha provato a riparare i freni.
Kirill: Prima avevamo solo ‘il progetto di Milwaukee’ come titolo ma abbiamo parlato un sacco di che cos’è l’America oggi? Il sogno americano?
Alice: E di razzismo e immigrazione?

Mi sembra un film molto rilevante nell’epoca di Donald Trump.
Alice: Quando abbiamo scritto anche questa versione della sceneggiatura Obama era presidente. Non abbiamo mai pensato che arrivasse Trump alla Casa Bianca. Lavoravo come avvocato per i diritti umani, perciò credo in certi valori che abbiamo visto erosi in questi anni. Ma penso che sia importante non comportarsi da protagonisti politici. Questa è la storia di questa gente e della loro lotta per la sopravvivenza a Milwaukee durante l’inverno.

È stata una produzione molto improvvisata?
Kirill: nell’ottobre 2017 abbiamo perso tutto il finanziamento per il film e abbiamo cambiato tutto. Abbiamo fatto il film per un quarto del budget. La maggior parte delle cose sono state decise dalle condizioni in cui stavamo girando. Non ci sono tante opzioni quando sei in un furgone con quindici ottantenni molti dei quali sono pieni di dolori, ammalati di cancro Alice: E c’è un tubo di scarico che perde. E un attore non professionista che deve anche guidare velocemente e in modo sicuro. Dal mio punto di vista, sono una persona creativa interessata agli aspetti artistici, ma era ovvio a un certo punto che dovevo anche diventare produttrice. Era terribile. Avevo due telefoni in mano: uno per organizzare la giornata e l’altro per raccogliere fondi per il giorno dopo. E con persone disabili, anziani, e in un posto pericoloso. C’è stata una sparatoria durante le riprese.
Kirill: Quando devi scappare per salvarti la pelle non ti preoccupi tanto dello stile, della bellezza della tua corsa. Noi siamo sopravvissuti quel giorno e abbiamo fatto bene.

E come vi sentite ad essere qui con il film a Macao?
Quando stavamo girando, se qualcuno avesse detto che saremmo stati qui a Macao avremmo sicuramente pensato che stessero scherzando.
È bello che la gente di Macao che non ha niente a che fare con il contesto di Give me liberty possa connettersi con il film. Significa che l’umanità è universale e che siamo riusciti a fare qualcosa che la gente di tutto il mondo può condividere.