“L’opposizione non andrà al governo con un colpo di stato o per la rinuncia di Nicolas Maduro, qualora avvenisse. Per noi, la maniera di conquistare un governo duraturo e legittimo è una sola: costruendo una maggioranza e vincendo le elezioni”.

Con queste parole, il sindaco del municipio di Chacao, Ramon Muchacho, ha preso le distanze dalle proteste violente animate dall’opposizione in Venezuela dal 12 febbraio scorso. Muchacho, eletto nelle fila della Mesa de la unidad democratica (Mud) ha specificamente condannato l’ultimo assalto dei gruppi oltranzisti presenti nel suo schieramento, che hanno incendiato un edificio del Ministero per l’edilizia pubblica. Nell’asilo nido si trovavano molti bambini, tratti in salvo dall’intervento dei vigili del fuoco. Un salvataggio tutt’altro che scontato. In altri casi, infatti, pompieri e ambulanze non hanno potuto passare sia a causa delle “guarimbas” (barricate di chiodi, cemento, spazzatura e alberi dati alle fiamme che bloccano le strade) che per via degli ingorghi. E’ morta così anche la madre di una nota conduttrice televisiva, colpita da infarto, che non ha potuto raggiungere l’ospedale. Una situazione di grande disagio per gli stessi abitanti dei quartieri bene, epicentro delle proteste, nella capitale o in altri stati (prevalentemente di frontiera).

A Chacao, le “guarimbas” continuano per far cadere il sindaco – ha detto il presidente Nicolas Maduro – commentando la “lotta dei fratelli-coltelli” nell’opposizione. E anche il coordinatore della Mud, Ramon Aveledo, ha affermato di sentirsi in trappola tra chi lo accusa di essere un golpista e altri che gli rimproverano di non esserlo abbastanza. Intanto, seppur contenuti, continuano gli scontri. Finora vi sono 608 feriti, 414 civili e il resto funzionari di polizia. I morti sono 39 morti, 24 dei quali per colpi di arma da fuoco, 31 sono civili, 7 poliziotti e un funzionario del Ministerio pubblico. Su 2.285 persone fermate, solo 904 risultano essere studenti, e in carcere restano 192 persone. Sono in corso anche 102 indagini per determinare la responsabilità della polizia nelle denunce per “violazione dei diritti umani” presentati al Ministerio publico.

Giovedì, a Caracas, una manifestazione studentesca non autorizzata è stata dispersa con gas lacrimogeni dalla Guardia nacional bolivariana. L’opposizione ha accusato nuovamente i collettivi di sinistra di aver aggredito gli studenti del campo avverso. E preme perché vengano dichiarati illegali i gruppi di quartiere auto-organizzati che difendono il territorio dalla grande delinquenza e dai paramilitari che controllano il traffico di droga. Un’offensiva analoga era stata portata avanti contro i “circoli bolivariani” dopo il golpe contro Chavez del 2002. “Non ho sentito molte voci di opposizione levarsi contro il terrorismo”, ha ribattuto il presidente dell’Assemblea Diosdado Cabello. La Difensora del pueblo, Gabriela Ramirez ha invece condannato “qualunque atto di violenza nelle università”.

Nello stato Tachira, Zulia, Merida e Miranda, sono stati arrestati nelle “guarimbas” ricercati provenienti da altri paesi (colombiani e, di recente, due libanesi che trasportavano armi, giubbotti antiproiettili e maschere anti-gas nella loro macchina blindata, nella capitale). Per il governo, si tratta di paramilitari assoldati per destabilizzare il paese e per mantenere il controllo dei traffici alle frontiere. Sono pagati tra i 3.000 e i 5.000 bolivar a settimana.

Un piano che, nelle intenzioni di qualche leader di estrema destra, potrebbe portare anche alla secessione di alcuni stati come Zulia, Lara e Tachira. Lo stesso disegno che ha preso forma negli stati della “mezzaluna” in Bolivia, i più ricchi, dov’è forte l’opposizione al socialismo indigeno di Evo Morales. E in rete ha fatto la sua comparsa un gruppo armato di estrema destra, il Frente Marabunta (guarda il video), che si dice attivo nei quartieri di classe medio-alta e che propone un piano dettagliato per “organizzare la resistenza contro il castro-comunismo”.

Anche a livello internazionale, l’atteggiamento nei confronti del governo socialista venezuelano evidenzia lo scontro di interessi in corso nel paese (che possiede le più grandi riserve petrolifere al mondo). Da Madrid, dove ha assistito ai funerali di Adolfo Suarez, si è fatto sentire l’ex presidente colombiano Alavaro Uribe, grande amico dei paramilitari, più volte chiamato in causa dal governo Maduro. Uribe ha criticato “l’atteggiamento pusillanime” dei paesi latinoamericani (Panama escluso), e il “silenzio complice” del suo ex ministro della Difesa, Manuel Santos, “di fronte allo spargimento di sangue causato dalla tirannia del Venezuela”. Per Uribe, il campo da sostenere non è certo quello dell’Alleanza bolivariana per i popoli della nostra America (Alba), ideata da Cuba e Venezuela nel 2004. Il suo progetto è senz’altro quello dell’Alleanza del Pacifico, guidata dagli Usa, sostanziata dalla Ue e da Colombia, Messico, Perù, Cile come asse principale nel continente. Il governo spagnolo – ha detto ancora Uribe – “ha aiutato molto” nell’accordo tra il suo paese e la Ue.

La Spagna ha sospeso unilateralmente la vendita di materiale “antisommossa” al Venezuela. E da Madrid si è espressa contro il governo Maduro anche la sessione di Amnesty international, pur condannando le violenze “da entrambe le parti”. Nicolas Maduro, ha dal canto suo firmato il decreto che istituisce l’annunciata Commissione per i diritti umani, aperta a tutti gli attori sociali di ogni bordo. Ogni giorno, in ogni parte del paese, il “governo della strada” di Maduro raccoglie le sollecitazioni, le critiche e le proposte provenienti dai più diversi settori sociali. Ieri, si è iscritta a registro la Comune n. 600, che porta il nome del cantautore Ali Primera.
Ieri, è arrivato in Venezuela il viceministro degli Esteri italiano per l’America latina, Mario Giro, che ha firmato nuovi piani di cooperazione “tra imprese del settore pubblico e privato di entrambi i paesi”. E il gruppo Iveco, che mercoledì aveva annunciato la sospensione delle attività in Venezuela, ha fatto sapere che i problemi “sono in via di soluzione”.

Lunedì e martedì tornerà invece a Caracas la missione di pace di Unasur, rappresentata da Brasile, Colombia, Ecuador. La sua ultima indicazione è stata quella di eleggere “un testimone di buona volontà” proveniente dalla chiesa cattolica. Una proposta accettata dal governo, ma rilanciata in altro modo dalla Conferenza episcopale venezuelana, prima apertamente schierata contro Chavez, ora in maggioranza avversa a Maduro. L’episcopato venezuelano ha condannato “le barricate e gli attacchi alle persone fisiche e alle istituzioni”, ma più di tutto “la criminalizzazione della protesta e la repressione sproporzionata”, dando per assodato l’esistenza di “torture e persecuzioni”: che hanno origine – per la gerarchia ecclesiastica – nel programma politico del chavismo, “dietro il quale si nasconde la promozione di un governo totalitario”.