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La sottile linea bianca di una vita da rocker

La sottile linea bianca di una vita da rocker

Musica Addio a Lemmy Kilmister, la voce leader dei Motörhead. Il suo vero miracolo è stato durare cambiando quando la formula sembrava prendergli la mano

Pubblicato quasi 9 anni faEdizione del 30 dicembre 2015

«Ho smesso di invecchiare: non serve a niente». Sembrava indistruttibile, Lemmy. Ian Fraser Kilminster nato il 24 dicembre del 1945, quando i nazisti perdono la guerra e l’Inghilterra cessa di essere una potenza coloniale. Lemmy: nato un giorno prima di Gesù. Una vita al servizio del rock’n’roll. Una vita da «lifer», ergastolano rock. Sempre sulla strada, a suonare, tranne il tempo necessario per incidere al volo un altro disco; il «solito», sempre «bellissimo», sempre «più forte di qualsiasi altra cosa di chiunque altro». Motörhead: bastava la parola. E lo «Snaggletooth», l’inconfondibile teschio, logo della band. Lemmy è e sarà il rock’n’roll. Come i Ramones. Come i Cramps. Come Alex Chilton. Come i Sonics. I Count V. E pochissimi altri. Senza di lui niente Slayer. Anthrax. Ma nemmeno Venom. Attitudine e mentalità. Roba forgiata da Lemmy con la sua integrità.

 

 

La sua biografia, condensata fra le pagine di La sottile linea bianca, scritta insieme a Janiss Garza, rievoca la folgorazione per il rock’n’roll. L’amore per Little Richard. Pesta tasti del pianoforte come Jerry Lee Lewis. Gay e afroamericano, dai capelli stirati, capace di urlare robe come Tutti Frutti sino allo stremo. Nel secondo dopoguerra inglese, quando tutti i valori sono messi in discussione, Little Richard fornisce un’indicazione politica inequivocabile. Lemmy capisce che quella musica, che fa orrore ai fan di Glenn Miller, è la sua. E le resterà fedele tutta la vita.

 
Non è un caso che ritroviamo Lemmy alla corte di Jimi Hendrix. Prima come roadie per sei mesi, poi come supporto con la sua prima band, i Rocking Vickers (dei quali sull’antologia Lemmy – Damage Case si trovano tre brani). Lascia i Vickers per Sam Gopal, per il quale scrive quasi tutti i brani di un disco diventato di culto dell’era psichedelica. Poco dopo riaffiora nei magnifici Hawkwind, istituzione dello space rock britannico. Fra Lemmy e gli Hawkwind ci sono però divergenze filosofiche. Agli acidi Lemmy preferisce le anfetamine, che il resto della gang fricchettona e cosmica ritiene poco «cool». E non basta il fato che lui firmi cose memorabili come The Watcher e, soprattutto, Silver Machine. Arrestato in Canada, viene mollato dalla band. Il benservito è brusco e Lemmy, per il quale i Motörhead sono una ragione di vita, ha dichiarato più volte, con un’amarezza mai venuta meno, che se non lo avessero cacciato lui non avrebbe mai abbandonato gli Hawkwind.

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Nel frattempo i residui della temperie psichedelica si dissolvono a contatto con le musiche che giungono da New York. Il punk arde sotto la cenere dei supergruppi che ancora non sanno di essere morti. Lemmy cova propositi di vendetta. Essere la band più zozza e violenta del pianeta. «Noi siamo quel tipo di gente che fa crepare il tuo prato» dichiara. On Parole, il primo disco, nonostante contenga l’omonima Motörhead, non soddisfa la casa discografica che lo archivia. Dopo l’interlocutorio Motörhead, il successivo Overkill, il primo per la Bronze Records, prodotto da Jimmy Miller (produttore di Exile on Main Street dei Rolling Stones e Screamadelica dei Primal Scream), diventa il calco di ogni disco futuro della band. Con Ace of Spades, apogeo della formazione comprendente «Fast» Eddie Clarke e «Philthy Animal» Taylor, giunge il primo capolavoro di una lunga serie.

 
Il primo ciclo motörheadiano si conclude nel 1980 con l’inimitabile live No Sleep ‘Til Hammersmith, violentissimo ed entusiasmante live trasmesso all’epoca anche da Concertone (andava in onda su Raitre alle 19.00 ogni domenica). Chi non conosce i Motörhead, rimesta sempre nell’epica dei primi anni (per la serie «Hanno detto tutto con i primi dischi»). Il vero miracolo di Lemmy, però, è stato di durare. Cambiando, anche (Another Perfect Day, Orgasmatron, March or Die). E, quando sembrava che la formula gli avesse preso la mano, sfornava dischi come 1916, Bastards, Sacrifice e, soprattutto, Overnight Sensation.

 
Dal 1999, solo dischi eccellenti: Hammered, Motorizer, The Wörld Is Yours, Aftershock e l’ultimo, Bad Magic, con una cover di Simpathy for the Devil degli Stones.

 
In 40 anni di carriera, Lemmy ha avuto anche il tempo di collaborare nel corso degli anni con le Girlschool, Wendy O. Williams dei Plasmatics e Slim Jim Phantom degli Stray Cats per una sortita rockabilly. Con Dave Grohl lavora al progetto Probot, omaggio al metal più estremo.

 

 

Sembrava fosse eterno, Lemmy. Invece lo scorso settembre a Austin, Texas, interrompe dopo due minuti la celeberrima Metropolis. Affaticato, abbandona il palco. Torna, si scusa; non ce la fa. Il video fa il giro della rete. Una doccia fredda. Poco più di un mese dopo, un cancro si porta via Philthy Animal Taylor. Poco dopo tocca a Lemmy. I Motörhead, però, non moriranno mai. E siamo convinti che in fondo a Lemmy vada bene così.

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