È rivolgendosi ai giovani cubani, parlando a braccio, con uno spagnolo dall’accento argentino ma assai efficace e immaginifico, che il papa ha lanciato domenica il suo messaggio politico più forte e radicale. Riprendendo i temi della recente visita pastorale in Bolivia, Francesco ha attaccato frontalmente l’economia di mercato capitalista «che esclude chi non produce – i giovani e i più anziani – e riduce le persone a meri consumatori». A un gruppo di qualche centinaia di giovani, ragazzi e ragazze, riuniti di fronte al Centro culturale Félix Varela dell’Avana per ascoltarlo, Bergoglio ha chiesto che siano capaci di produrre «amicizia sociale». Ovvero un atteggiamento di dialogo e la capacità di lavorare assieme a chi la pensa diversamente in vista del bene comune. «Vorrei che voi, giovani cubani, anche se avete punti di vista differenti, andiate insieme alla ricerca della speranza, del futuro e della nobiltà della patria».

Alla società del descarte (esclusione), il primo papa latinoamericano ha chiesto di contrapporre una società che include, che rende capaci di dialogare e di cooperare, sia dal punto di vista religioso che sociale e politico. Francesco ha citato un esempio di quando era vescovo di Buenos Aires: un gruppo di giovani, «un ebreo, architetto, un comunista, un cattolico» cooperarono alla costruzione di un edificio per la comunità.

Sotto una pioggia fine ma continua i ragazzi hanno seguito con attenzione, interesse e applausi il discorso del papa. A porre gli interrogativi di una generazione che attraversa un periodo difficile, di crisi economica ma anche di offuscamento dei valori – l’”uomo nuovo” ipotizzato da Che Guevara in primis – della Rivoluzione, era stato un giovane cattolico, Leonardo Fernández. «Ci aiuti a essere giovani che sappiano accettare chi la pensa in modo diverso, a non rinchiuderci nei recinti dell’ideologia e della religione, in modo che possiamo crescere anche di fronte all’individualismo e all’indifferenza, grandi mali della vita quotidiana cubana». Una fotografia impietosa della società cubana, questa, che certamente non avrà fatto piacere agli esponenti del vertice socialista del paese. Ma che Francesco ha affrontato di petto, arricchendo il concetto di patria con quello di fede e di solidarietà sociale, di ecumenismo religioso e di capacità di dialogo politico e di cooperazione. In pratica, il papa ha lanciato un appello perché i giovani siano protagonisti di una nuova unità nazionale per un futuro prospero e in linea col pensiero di José Martí, poeta e “padre della patria” di Cuba.

Lo stesso appello a «servire l’uomo, non le ideologie», il papa l’aveva lanciato la mattina di domenica nell’omelia della messa celebrata nella gigantesca Piazza della Rivoluzione di fronte a centinaia di migliaia di fedeli e alle autorità, inclusi il presidente Raúl Castro e familiari, raccolti in meditazione. Ma questo messaggio molto francescano, sulla necessità di una società di servizio a favore dei più umili, non era apparso sufficientemente «politico», nel senso di critico nei confronti del governo socialista, sia a esponenti della dissidenza sia a una serie di voci della stampa estera che hanno giudicato «troppo prudente» l’omelia, come pure ossequioso nei confronti del governo non aver dato udienza a rappresentanti della debole e divisa dissidenza. «Non voglio dire che siamo disillusi (per le posizioni di Francesco). Solo non mi sembra giusto che il papa non abbia tempo per incontrare chi sta difendendo i diritti umani», ha dichiarato José Daniel Ferrer, leader dell’organizzazione dissidente Unione patriottica di Cuba. Tre suoi militanti sono stati arrestati domenica mentre lanciavano slogan antigovernativi in Piazza della Rivoluzione, mentre sono stati attuati una serie di fermi di altri esponenti del dissenso come Berta Soler, leader delle Damas de blanco, che sfilano ogni domenica «per la liberazione dei prigionieri politici».

«Il papa ha messo in chiaro più volte di voler parlare a tutti i cubani, di qualunque credo e opinione politica, vivano a Cuba o fuori», ha ribadito il portavoce del Vaticano, monsignor Lombardi. «Il pontefice si è espresso chiaramente in favore di un dialogo tra il governo – dunque il partito comunista – e la popolazione. Un dialogo che non escluda chi ha posizioni politiche diverse. Del resto, quello che sta avvenendo con la Chiesa e il nuovo movimento cattolico in formazione è un esempio che le cose si stanno muovendo, seppur molto lentamente», ci dice un esponente del gruppo “Cuba possibile”, formato da laici, cattolici e non, e da qualche esponente comunista di spicco come Aurelio Alonso, vicepresidente di Casa de las Americas.

Altrettanto forte è stato il messaggio che Francesco ha dato al vertice e alla base della Chiesa cattolica cubana, varie centinaia di religiosi, monache, sacerdoti e seminaristi riuniti domenica pomeriggio nella cattedrale dell’Avana. «La riqueza pauperiza», la ricchezza rende poveri (di spirito), mentre la povertà è «il muro e la madre» contro la mondanità, ha detto Francesco. Il papa, anche in questa occasione, ha scelto di parlare a braccio, consegnando il testo al cardinale Ortega perché lo facesse circolare. Il pontefice è intenzionato a rafforzare e rifondare la Chiesa perché sappia essere partecipe dei processo di trasformazione del paese, oggi economico e sociale, un domani anche politico. E deve farlo «come una chiesa povera», dedita «al sacrificio» e al servizio della comunità, come una comunità che riconosca i conflitti. «I conflitti, le discussioni nella Chiesa sono augurabili, persino necessari. Segno che la Chiesa è viva», ha affermato.

Infine, Francesco ha esortato la Chiesa a essere più ecumenica, specie in una società così meticciata come quella cubana. Un appello dunque a non emarginare le religioni afro-cubane. Questo tema sarà presente sia nella visita alla città di Holguin, capoluogo di una regione a forte presenza di neri e mulatti, che nella messa che oggi officerà al santuario della Virgen de la Caridad del cobre, la madonna nera venerata dai mambises, i combattenti (nell’Ottocento) per l’indipendenza dalla Spagna, patrona di Cuba e simbolo dell’unità nazionale.