Un grosso mammifero marino oggi estinto, la Ritina di Steller Hydrodamalis gigas, rappresenta un caso tanto particolare quanto drammatico: una specie scoperta e descritta nel 1741 venne considerata estinta solo 27 anni dopo, nel 1768, a causa del massacro a cui fu sottoposta.
Ma veniamo ai fatti. La Ritina apparteneva all’ordine dei Sirenii, ovvero lo stesso ordine di lamantini e dugonghi. Sono mammiferi acquatici di grosse dimensioni, erbivori, che vivono per lo più nei fiumi o nelle acque marine costiere.
Il naturalista tedesco G.W. Steller si imbarcò nel 1738 sulla nave per la seconda spedizione in Kamchatka, salpando dalla Russia per arrivare sino in Alaska. Ma il piroscafo, durante il ritorno, naufragò sull’isola di Bering, che si trova nell’omonimo mare. Qui l’equipaggio dovette restare per parecchi mesi e passare l’inverno, durante il quale moltissimi uomini perirono a causa dello scorbuto.

Esemplari «distratti»

Steller annotò molte specie animali che potevano essere avvistate sull’isola e sulle sue coste e, tra questi, ne descrisse uno particolarmente strano, lungo anche sino a nove metri, che ricordava da vicino la struttura di una grande sirena. Il suo corpo molto massiccio, infatti, risultava essere in contrasto con una testa piuttosto piccola, ed era ricoperto di una pelle molto spessa, dura e rugosa. Era fornito poi di una coda pisciforme, ma orizzontale, come nei Cetacei. Gli occhi e la bocca erano piccoli, quest’ultima probabilmente a cagione del fatto che si nutriva di grosse alghe.
Caratteristica peculiare era la mancanza di dita negli arti anteriori. L’habitat di questi mammiferi era costituito dai fondali bassi e sabbiosi vicino alle coste, in particolare alle foci dei fiumi, dove questi mammiferi si nutrivano quasi incessantemente tenendo la testa immersa sott’acqua. In questo modo, però, non badavano molto alla loro incolumità, e non si preoccupavano dei predatori. Per l’uomo era quindi facilissimo ucciderli, potendosi avvicinare con le barche senza essere temuti, e colpirli con le fiocine sul dorso.
Presumibilmente, la Ritina non era ristretta all’isola di Bering, ma la sua distribuzione comprendeva la costa orientale della Kamchatka, dove era conosciuta dalle popolazioni locali. Steller stimò allora, approssimativamente, una popolazione di circa 1500-2000 individui. Tuttavia, proprio la sua natura e le sue abitudini furono la causa della sua fine. In pochi anni, infatti, ne furono abbattute un’enormità per sfamare i naufraghi dell’isola, a cui forniva carne, grasso e cuoio. La carne era considerata molto buona; la pelle, molto dura e resistente, forniva un ottimo cuoio e il grasso produceva un olio perfetto per le lampade, non producendo fumo né emanando cattivo odore. Si pensa che l’ultimo esemplare fu abbattuto nel 1768.

Sulle coste siberiane

Presunte osservazioni di questa sirena, però, continuarono a susseguirsi anche negli anni successivi alla sua dichiarata estinzione. Nel 1879 una nave oceanografica svedese visitò l’isola e raccolse molte informazioni che attestavano la sopravvivenza della Ritina ben oltre la sua presunta estinzione, almeno sino al 1850 circa. Ma i dati erano incerti, così come le date riportate. È possibile, infatti, che qualche individuo o qualche piccola colonia sia sopravvissuta oltre il 1768, ma sino ad un secolo oltre sembra effettivamente troppo. Un periodo plausibile può collocarsi in circa 50-60 anni oltre il 1768, non oltre.
Tuttavia, anche nel XX secolo continuarono ad arrivare notizie: una baleniera russa, nel 1962, individuò alcuni esemplari di uno strano e grosso mammifero marino, che corrispondeva nella descrizione, e nell’habitat con quanto detto sulla Ritina. Gli avvistamenti avvennero sulla costa siberiana, pressoché spopolata, in prossimità di Capo Navarino, nel golfo di Anadyr. All’individuazione, abbastanza interessante, non seguirono ulteriori ricerche mirate. Un altro avvistamento avvenne nel 1976 ad opera di un pescatore russo di salmoni che descrisse, insieme a molti colleghi, uno strano animale acquatico con caratteristiche tipiche della Ritina. Molti detrattori pensarono di vedere in quell’animale un elefante marino del nord, anche se l’area dell’avvistamento non rientra propriamente nell’areale di quest’ultima specie. Inoltre, la descrizione fornita dal pescatore russo non corrisponde alle caratteristiche di un elefante marino, mentre collima perfettamente con quelle di una Ritina.
Ancora un altro avvistamento nel 1977: alcuni pescatori scoprono nella baia di Anaptinskaga il corpo arenato di un mammifero acquatico insolito: pelle nera, pinne pettorali, coda simile a quella di una balena, ovvero orizzontale, e con una sorta di «naso» allungato. Esiste poi, per la cronaca, con data 1984, un dispaccio comunicante la scoperta di uno scheletro di Ritina sulla costa di un’isola del Pacifico settentrionale.
Nel 2012 la vacca marina è stata oggetto di una spedizione tra le acque della Groenlandia e l’Islanda, di alcuni biologi e paleo-zoologi per ritrovare tracce della specie, ma non si sono ottenuti risultati probanti.
Possiamo dire che le probabilità che la grande sirena dei mari ancora sopravviva non sono molte, anche se i territori da indagare sono ampi, spopolati e remoti, per cui una piccola popolazione potrebbe essersi salvata dall’estinzione, senza dare troppi segni della sua esistenza. Sarebbe però opportuno svolgere ricerche mirate e approfondite e considerando che si è trattato della più grande «sirena» mai esistita ( i dugonghi e i lamantini, infatti, a stento superano i quattro metri di lunghezza). Questa specie lo meriterebbe, considerando il male che le abbiamo procurato.