La Turchia alle prese con preoccupanti minacce di isolamento regionale lavora per ricucire gli strappi più rischiosi. Se dall’Unione Europa ha l’appoggio necessario a mantenere un sistema sempre più autoritario, ora il presidente Erdogan punta al pesce più grosso, la Russia, e a quelli importanti per il ruolo di leader regionale che da tempo prova a ritagliarsi.

Così in pochi giorni ha mandato scuse ufficiali a Mosca per l’abbattimento del jet russo, ha firmato con Israele la riconciliazione e ha promesso la ripresa dei rapporti con l’Egitto, messi in discussione dal golpe contro i Fratelli Musulmani. Il Cairo si dice interessato in cambio del riconoscimento turco della legittimità del colpo di Stato.

Per ogni pezza messa, però, si apre un altro squarcio che svela la vera faccia di Ankara. Apparentemente poca cosa rispetto all’impunità internazionale di cui Erdogan gode, ma importante a mantenere viva l’attenzione sulle politiche repressive: lunedì un gruppo di deputati, artisti e attivisti tedeschi ha intentato causa di fronte al procuratore federale di Berlino contro il presidente turco per «crimini di guerra».

Nel mirino stanno gli abusi contro il partito di opposizione pro-kurdo Hdp e la brutale operazione militare in corso da un anno nel Kurdistan turco: oltre 100mila sfollati, centinaia se non migliaia di vittime civili, più di un milione e mezzo di persone colpite dai coprifuoco e dalle operazioni aeree e di terra, secondo i dati della Turkish Human Rights Foundation.

In particolare, tra le questioni sollevate nelle 200 pagine di documenti presentati, c’è l’assedio della città di Cizre, teatro di stragi di civili: 178 solo quelli ammazzati mentre si nascondevano nei sotterranei di alcuni edifici della città. A Cizre i locali hanno raccontato di crimini vergognosi, spesso documentati da foto e video: civili in fuga centrati dai cecchini, giornalisti arrestati e colpiti dalle pallottole dei militari turchi, incendi nelle case, uso di gas chimici.

E, dopo la fine del coprifuoco durato oltre tre mesi, in primavera sono cominciate le demolizioni di interi edifici, grazie alla legge che ha garantito al governo l’espropriazione di terreni per ragioni militari. Il coprifuoco, spesso ufficioso, però continua in tante altre comunità. Come Sirnak, arrivata al suo 107esimo giorno, e dove ieri i carri armati turchi hanno preso di mira per ore due case.

«Un obbligo etico»: così le due avvocatesse che hanno intentato la causa, Britta Eder e Petra Dervishaj, definiscono l’iniziativa volta a «promuovere un’azione legale contro la Turchia in Germania, secondo quanto previsto dal diritto penale internazionale». E se Erdogan è la preda più agognata, tra i funzionari chiamati in causa ci sono anche l’ex premier Davutoglu (da poco licenziato dal presidente perché considerato troppo morbido e autonomo) e alti ufficiali di governo, polizia ed esercito.

L’azione arriva a pochi giorni dall’approvazione da parte del parlamento turco del disegno di legge del Ministero della Difesa che riconosce piena immunità ai soldati e ai membri dei servizi segreti impegnati in «operazioni di controterrorismo», l’etichetta data da Ankara alla campagna contro il Pkk.

Di certo l’iniziativa non aiuterà a rilassare i tesi rapporti tra Ankara e Berlino, messi a dura prova dal voto del Bundestag che riconosce il genocidio armeno. A muoversi, in questo caso, non è l’intero spettro politico né rappresentanti dell’esecutivo della cancelliera Merkel, ma il partito di sinistra Linke con il sostegno di attivisti, avvocati e artisti tra cui il cantautore Konstantin Wecker e l’attore Rolf Becker. Da parte loro i parlamentari della Linke puntano a fare pressione non solo su Erdogan ma anche sul governo tedesco, da tempo sotto accusa per l’estrema debolezza con cui condanna le violazioni strutturali dei diritti umani in Turchia in cambio dell’accordo sui rifugiati siriani.