La sinistra «sbullonata» dalla scelta di Maurizio
Opposizioni Minoranza pd, alternativi, i dubbi dei compagni di strada
Opposizioni Minoranza pd, alternativi, i dubbi dei compagni di strada
La “coalizione sociale” di Maurizio Landini è appena nata ma già ha provocato il primo week end ad alta tensione per la sinistra italiana, almeno quella tradizionalmente intesa, sbattuta fuori dalla porta (letteralmente) della riunione convocata sabato scorso a Roma dal leader Fiom con le associazioni.
Il partito di Nichi Vendola è il primo a reagire. A prima vista sono applausi per la nuova impresa, che pure si dichiara a chiare lettere indifferente alla «casa comune dei democratici e della sinistra», la ’cosa rossa’ faticosamente ricostruita lo scorso gennaio ricompattando le anime della lista Tsipras e attirando Civati, civatiani e qualche deluso Pd. «Landini ha una leadership fortissima quindi quello che fa per me va bene. Se domani fa un partito io lo voto, e gli do pure una mano», dichiara di buon mattino a Agorà (RaiTre) Nicola Fratoianni, deputato coordinatore di Sel. Dalle regioni, dove la sinistra vendoliana ha abbandonato più o meno spontaneamente l’alleanza con il Pd quasi ovunque rompendo matrimoni longevi e vittoriosi (è successo in Liguria, in Campania, nelle Marche e addirittura in Toscana), arrivano segnali di entusiasmo. «La coalizione sociale è assolutamente necessaria», esulta Edoardo Mentrasti, ’sellino’ e candidato unitario del ’cantiere Altre Marche – Sinistra Unita’, «ed è vitale la costruzione di un ampio spazio sociale per allargare la lotta contro le politiche economiche e sociali del governo che aggravano la crisi del Paese e restringono pesantemente le basi e l’assetto della nostra democrazia». Oltre a essere «vitale», la ’cosa landiniana’ sembra persino e in grado di attrarre un pezzo del mondo a 5 stelle, il che rappresenterebbe la vera svolta per la sinistra sociale ma anche politica. Alcuni ex del movimento sabato scorso erano infatti presenti – e ammessi – alla riunione della Fiom. Ma Nichi Vendola usa toni per così dire più laici del suo compagno marchigiano: Landini «è una risorsa», lo stesso sono «la Fiom e la Cgil» ma il problema della sinistra «non è la leadership, è il progetto politico e un più grande soggetto che possa mettere insieme tante storie e tante esperienze e rappresentare una sinistra vincente. Ecco, noi non faremo a Renzi il regalo di chiuderci nell’angolino della sinistra radicale». Stessa musica da Pippo Civati: «Alla sinistra serve una prospettiva di governo. Serve un campo non minoritario nel quale esercitarsi». E conclude invitando la «coalizione sociale» mercoledì alla presentazione della proposta sul reddito di cittadinanza.
Lo stesso Fratoianni pronto a ’dare una mano’ a Landini, sabato 21 marzo interverrà all’assemblea di tutte le minoranze Pd (l’area riformista di Bersani, la Sinistradem di Cuperlo, civatiani e bindiani), per l’occasione allargata anche intellettuali e esponenti di altre sinistre (anti-renziane). Ci saranno anche sindacalisti della Cgil ma «a titolo personale», sottolinea Alfredo D’Attorre. Ieri infatti era circolata la notizia di una presenza del sindacato all’assemblea romana. Da Corso Italia, nel giorno delle scintille con Landini proprio a causa della ’politicità’ della nuova creatura, è arrivata invece una secca smentita: il 21 marzo la Cgil sarà impegnata nella Giornata della memoria e dell’impegno per ricordare le vittime i di tutte le mafie, tradizionale appuntamento della Libera di don Ciotti. «Non è pertanto prevista, in quella giornata, alcuna partecipazione della Confederazione a riunioni di minoranze di partito, di altri gruppi o formazioni politiche», dice la nota.
La verità è che il conflitto che si è aperto nel sindacato fra Fiom e Cgil, e cioè fra Landini e Camusso, rischia di complicare la già complicatissima vita della sinistra Pd. Che nelle dichiarazioni ufficiali apprezza la ’creatura’ di Landini. Per Stefano Fassina è «un’iniziativa utile, che non va strumentalizzata. Non è un nuovo partito. È il tentativo di rimediare all’attuale assenza di rappresentanza del lavoro». Così per D’Attorre: «Landini va preso sul serio quando dice di non volere fare un partito. E Renzi sbaglia a utilizzare questo argomento per delegittimare le ragioni di merito che Landini solleva». Ma certo nessuno non si può far finta di non vedere che le accuse di ’scendere in campo’ in politica, non arrivano solo dal Nazareno e da Palazzo Chigi, ma più o meno esplicitamente anche da Corso d’Italia.
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