Al Nazareno alla «scissione» ufficialmente non crede nessuno. Ma ieri è stata una giornataccia per il Pd renziano. La notizia del crollo delle tessere, lanciata da Repubblica, se non parla di deputati che fanno i bagagli parla però di un’altra scissione, quella dei militanti. Proprio quella che nel pieno delle primarie 2013 Massimo D’Alema aveva evocato come spettro, «l’abbandono silenzioso degli iscritti» nel caso in cui «una parte» non si sentisse «più a casa sua». Una facile profezia, con ogni evidenza. Quanto invece alla «scissione» propriamente detta, o alla fuoriuscita di qualche dissidente, lo stato maggiore del Pd non dà alcun credito. Con qualche ragione. Matteo Orfini, presidente Pd, affronta di petto la proposta di Nichi Vendola, consegnata ieri al manifesto, di una «coalizione dei diritti e del lavoro», con ogni evidenza rivolta anche ai malpancisti Pd: «La sinistra ha un senso se rappresenta la parte più debole del paese. Quella parte ha dato fiducia al Pd e gli chiede di cambiare l’Italia», spiega di buon mattino a Omnibus (La7), «sarebbe un errore fare l’ennesimo partitino che finirebbe per essere solo la somma di ceto politico». Sulla Stampa Piero Fassino, ormai renzianissimo, si schiera su una linea simile: «Non mi sembra che un nuovo partito possa avere un mercato. Fare scissioni e nuovi partiti è cosa che appartiene al passato, oggi sarebbe operazione poco realistica e in ogni caso venata di nostalgia». Affermazioni che vorrebbero seppellire, oltreché le intenzioni degli ex alleati, anche un’eventuale rediviva (ma ormai improbabile) coalizione di centrosinistra.
Tutto il contrario di quello che vuole Pippo Civati, il dissidente Pd che questo pomeriggio a Roma sarà sul palco di Sel, insieme appunto a Vendola, al leader Fiom Maurizio Landini e al mosaico di quelli che sono impegnati, ciascuno dalla sua trincea (sindacato, associazioni, c’è anche il leader della giovanile del Prc) nella battaglia nella difesa dell’art.18 e contro le politiche economiche di Renzi. Nelle intenzioni degli organizzatori quello di oggi pomeriggio dovrebbe essere se non proprio un ’big bang’ (espressione già della prima Leopolda renziana, quindi inutilizzabile), almeno una ripartenza a sinistra. In attesa della manifestazione della Cgil contro le politiche di Renzi.

Anche perché la Lista Tsipra, dopo l’affermazione di misura alle scorse europee, ora è alle prese con qualche incaglio. Alle imminenti regionali, le varie anime si presentano in ordine sparso. In Emilia Romagna Sel, con un referendum interno, ha deciso il sì all’accordo con il Pd. Piccole movimenti tellurici cambiano le geografie interne. In polemica con il suo partito che non fa (più) l’alleanza con il centrosinistra, il consigliere regionale Prc Roberto Sconciaforni (area Essere comunisti, molto sbilanciata sulla nuova «coalizione») ha fatto le valigie, al grido: «È stata liquidata in maniera sommaria l’esperienza di quindici anni».

In Calabria Sel parteciperà con un suo candidato alle primarie di coalizione, domenica prossima. Lo stesso succederà il 30 novembre in Puglia. I promotori della lista corrono ai ripari: il 25 ottobre parteciperanno alla manifestazione della Cgil e subito dopo proveranno a rilanciare con un ’manifesto’ la cui redazione è affidata al sociologo Marco Revelli. Dal testo dovrebbero uscire le linee di «un soggetto italiano di dimensione europea» avviando qualcosa che assomigli a un tesseramento. Ma la ’base’ è percorsa da malumori di varia natura: ex candidati che sbattono la porta (così ha fatto la giornalista Loredana Lipperini, ’accusata’ di aver fatto parte della giuria del premio Tatarella, un ex Msi); toni poco cordiali – e incredibilmente inconciliabili – fra chi immagina la futura organizzazione come una rete di realtà di base e chi si proietta verso una dimensione europea. Come già nel dopo-voto, non si tratta del solito scontro fra opposti partiti (Sel e Prc) ma fra opposti senza tessera.

Se in Italia non si ride, a Bruxelles quasi si piange. Negli scorsi giorni i tre eletti (Barbara Spinelli, Curzio Maltese, Eleonora Forenza) hanno dovuto fare una rapida marcia indietro sulla candidatura al premio Sacharov del blogger egiziano Alaa Abdel Fattah, una delle anime della rivolta di piazza Tahir. Il Gue l’aveva indicato come proprio candidato «per il suo impegno nella difesa della libertà d’espressione». I tre italiani avevano poi scoperto dai giornali che il blogger si era lasciato andare ad affermazioni «inaccettabili» (parola dei tre) contro il popolo israeliano. E nella ’base’ c’è chi vede l’ennesima prova dello scarso o nullo collegamento fra eletti e attivisti.

Ma la fotografia plastica dello stato dell’arte alla fine arriva dal menù di giornata. Mentre a piazza Santi Apostoli Vendola lancia una «coalizione» aperta anzi spalancata, cui sono invitati esplicitamente i dissidenti Pd che vogliono «portare fino in fondo la loro battaglia», nelle stesse ore in una sala sulla Flaminia il Prc di Paolo Ferrero organizza un convegno su «crisi del capitalismo e rifondazione del comunismo».