Conosce bene, ormai benissimo l’Italia, ma la prima parola è sul risultato delle amministrative in Grecia, delle quali Argiris Panagopoulos ha discusso a caldo lunedì con Tsipras, accompagnandolo fra Milano Torino e Bologna. «Il governo ha violato il Memorandum, che pure aveva firmato, anticipando il voto di una settimana per penalizzare Syriza. Invece Syriza esce dal primo turno a testa alta: ci sono forti possibilità di governare l’Attica, dove vive quasi la metà dei greci, e di governare Atene. La nostra percentuale alla fine sarà più alta della somma di Nuova democrazia e Pasok, che nel frattempo è scomparso e si deve presentare col simbolo dell’Ulivo».

Argiris – ma sulla scheda della circoscrizione nord ovest ci sarà scritto Argirios -, 53 anni, è «l’ufficiale di collegamento» (la definizione è scherzosa) fra la greca Syriza e l’Italia. È interprete e amico di Alexis Tsipras. Ha vissuto in Austria, in Italia, in Spagna, poi di nuovo in Grecia. Un «ragazzo dell’Europa», citando un verso rock, sempre a inseguire le insorgenze sociali, una passione politica che diventa giornalismo perché a sinistra l’intreccio fra i due mestieri è un mito ancora forte, non c’è rivoluzionario che non sia stato anche giornalista. Molti anni più tardi Alexis gli racconterà di essersi formato sulle sue corrispondenze, soprattutto quelle dall’Italia. La prima è da Bologna, dove Argiris arriva nell’estate dell’80, cinque giorni dopo la strage. Scrive per il settimanale greco Epohi e sul quotidiano Avgy. Uno zaino pieno di libri. «Con la casa editrice Themelio, ’ fondamenti’, del partito comunista dell’interno, traducevamo i libri di Rossanda e Pintor, studiavamo l’eurocomunismo, credevamo nel socialismo dal volto umano. Dopo la dittatura avevamo finalmente potuto stampare Gramsci. L’Italia per noi era la pluralità delle sinistre. Avevo letto tanti classici del comunismo italiano. Leggevo il manifesto. Appena arrivato sapevo tante cose e tante parole, i compagni mi ascoltavano stupiti. Ma se entravo in una trattoria non sapevo ordinare, non sapevo chiedere un’indicazione stradale».

Torniamo a oggi, alla Grecia. «Ora puntiamo a far cadere le larghe intese e a costruire un altro futuro per il paese». In Italia però la sinistra non può permettersi questa ambizione. «Non è vero. Anche in Italia affrontiamo una prova cruciale per tutto il sud d’Europa: far rinascere una forza di sinistra autonoma, democratica, plurale, contro l’austerità che distrugge le nostre vite». Eppure circolano molti dubbi sulla possibilità di un buon risultato. Argiris rovescia il discorso: «In Italia abbiamo in pochi mesi messo in moto un processo che in Grecia ha impiegato anni. Abbiamo messo insieme la sinistra politica, quella sociale, quella dei movimenti. Quello del 25 maggio è un esperimento, ma servirà per andare comunque avanti. In questa campagna elettorale ho fatto 30mila chilometri, ho toccato 70 città grandi e piccole, e ovunque incontro gente che prima di parlare del risultato voleva soprattutto essere sicura che questa storia continui. In molti paesi la sinistra cresce. In Europa avremo sorprese positive e daranno lo slancio per costruire la sinistra anche qui in Italia». Tsipras ha detto a Bologna: «Vogliamo il voto popolare», toccando uno dei punti dolenti della sinistra nostrana, lo scarso insediamento nei ceti popolari. «Alexis ci chiede di uscire dalle nostre gabbie. Ma qui in Italia c’è un difetto di autostima: abbiamo vinto i referendum dell’acqua e quel voto veniva anche dai ceti popolari, quelli verso cui le politiche neoliberiste hanno dichiarato una guerra per l’annientamento totale. Batteremo i nuovi barbari. La sinistra deve dare risposte ai problemi della gente. Insieme al pluralismo, questa è la nostra forza». E invece questa sembra la forza di Grillo, leader che pesca molto a sinistra, oltreché a destra. «Grillo cerca di prendere voti dappertutto. Ha copiato un po’ del programma della Sinistra europea, ha aggiungendo un po’ di razzismo, un po’ di xenofobia. Ma questa miscela non durerà, fare scelte è indispensabile. Difficile che diventi nostro alleato, ma questo non significa che sia un nemico. La sinistra italiana deve lavorare: trasformare la rabbia in movimento e proposte. È successo in Grecia, in Spagna, in Portogallo. Dobbiamo spiegare che senza soluzioni non si va da nessuna parte». Come, se sui media quasi non ci siete? «Non ci siamo perché in Europa vogliono una sinistra subalterna alle politiche della Troika, come sono i socialisti in Francia, l’Spd in Germania e il Pd in Italia. Se ci dessero spazio sui media faremmo subito un ottimo risultato. Ma nessuno ci vieterà di farlo lo stesso. È andata così in Grecia. La censura non era meno forte. Ma Syriza ha vinto a dispetto dei media».