Nonostante le divisioni interne sulla legge elettorale, le manovre di avvicinamento al governo del Movimento 5 Stelle passano anche per la questione della «sicurezza», tema che da queste parti ha sempre rappresentato un elemento identitario. Non è un caso che l’attivismo di questi mesi di Davide Casaleggio e di alcuni maggiorenti grillini presso aziende e organizzazioni di categoria, abbia un precedente proprio nel ciclo di incontri che Luigi Di Maio e Gianroberto Casaleggio tennero con funzionari di polizia e sindacati delle forze dell’ordine.

Della materia, inoltre, si occupa dall’inizio della legislatura il parlamentare salernitano Angelo Tofalo. Ingegnere idraulico con la passione del calcio, Tofalo è arrivato alla Camera e poi finito nel Copasir. Di recente è stato oggetto di accuse per essersi fidato di una donna finita sotto processo per traffico d’armi: era uno dei suoi contatti per le complicate faccende libiche.

Adesso la sicurezza arriva alla piattaforma Rousseau, dalla quale sono state poste le consuete domande (da accogliere o rigettare) agli utenti iscritti. Al di là dei temi specifici, ciò che pare interessante in termini di relazioni privilegiate e indice di attenzione verso determinati mondi, si trova nella serie di contributi che il blog di Grillo ha ospitato per istruire gli iscritti. Un intervento intitolato «La sicurezza partecipata» porta la firma di Umberto Saccone, che dopo una lunga carriera nei Carabinieri e nel Sismi è stato direttore della Security dell’Eni. Saccone cita come esempio di «sicurezza partecipata» la città di Los Angeles, non esattamente un posto tranquillissimo: «A Los Angeles, modello di smart city, i dati che arrivano dai vari dipartimenti, dal trasporto pubblico alla polizia fino alla raccolta di rifiuti e ai vigili del fuoco, sono in un solo luogo», spiega. La gestione efficiente dei servizi, sostiene ancora Saccone, è data dall’analisi aggregata dei dati: «questo accade anche nei progetti di crime mapping, in cui le amministrazioni locali svolgono un’opera di vera e propria mappatura del crimine, in modo da analizzare e identificare le zone urbane maggiormente a rischio, al fine di prevenire fenomeni di criminalità attraverso l’adozione di misure di sicurezza». Dove starebbe la «partecipazione»?

L’idea di Saccone ricorda un po’ le ronde di cittadini: si propongono «modelli di monitoraggio informale e coordinato del territorio, ad esempio attraverso corsi finalizzati a fornire una formazione adeguata ai privati, anche grazie all’aiuto di ex poliziotti o ex carabinieri». C’è spazio poi per la privatizzazione della sicurezza. «Da un lato i tagli alla spesa pubblica inducono le amministrazioni centrali e locali a contrarre i servizi prestati ai cittadini e a esternalizzare alcune funzioni – spiega ancora Saccone -, dall’altro lato cresce la domanda di sicurezza privata presso le aziende e il terziario».

Sul blog, più di 8mila utenti (su 20mila votanti e oltre 100mila iscritti) attribuiscono alla «sicurezza partecipata» il compito di «disciplinare forme di cooperazione tra pubblico e privato nello scambio di dati informatici». Una domanda formulata in modo un po’ capzioso chiedeva di scegliere tra garanzia della sicurezza e tutela della privacy. Ha vinto la prima opzione, con 12mila voti contro 7 mila. Del resto, era stato chiamato l’ex ispettore capo Renato Scalia ad avvisare del pericolo che la privacy possa essere utilizzata «come grimaldello» per mettere vincoli alla videosorveglianza e alle intercettazioni. Gli iscritti hanno approvato anche la proposta di accorpamento totale di tutte le forze di polizia. Quanto alle sorti della polizia locale, si è arrivati a una gaffe istituzionale: a spiegare il quesito sull’allargamento del raggio d’azione alle zone metropolitane è arrivato Diego Porta, il capo dei «pizzardoni» romani.