La Sicilia teme il contagio dei 35 mila rientri: tamponi a caso
Regione blindata 280 persone positive, 4 decessi. Musumeci polemico con Roma sui pannicelli
Regione blindata 280 persone positive, 4 decessi. Musumeci polemico con Roma sui pannicelli
Nella Sicilia blindata dove l’incidenza del Covid-19 è pari allo 0,0045 per cento rispetto agli abitanti e con i «positivi» che aumentano a ritmi più o meno stabili (25-40 al giorno, in totale 282 e 4 morti), i timori del governo Musumeci stanno tutti in un numero: 35 mila. Sono le persone rientrate nell’isola dal nord Italia e dall’estero negli ultimi due weekend prima che il governo Conte disponesse, su pressing della Regione, la chiusura dei confini, riducendo all’osso i trasporti.
Nell’isola pressoché blindata, atterrano solo quattro voli giornalieri (2 a Palermo e 2 a Catania, entrambi da Roma) e nelle stazioni arriva soltanto un intercity dalla Capitale. Gli aeroporti di Comiso e Trapani sono chiusi da giorni, i passeggeri che prendono il traghetto a Villa San Giovanni possono farlo, su disposizione del ministero dei Trasporti, solo se autorizzati dal presidente della Regione e comunque devono giustificare il viaggio per motivi di lavoro, salute o necessità. A chiunque arrivi agli imbarcaderi di Messina viene misurata la temperatura, continuo è il pressing del governo Musumeci affinché il Viminale intensifichi i controlli in Calabria per chi vuole raggiungere l’isola. Dopo gli appelli trasmessi sui social di persone disperate intrappolate a Malta, ieri il governatore Musumeci ha autorizzato il ritorno in Sicilia di 300 persone, giunte a Pozzallo a bordo di un catamarano.
Da giorni soprattutto le grandi città appaiono spettrali, la maggior parte della gente è chiusa in casa rispettando le disposizioni del governo Conte. Tuttavia, la paura per il picco del virus tiene sulle spine il governo che continua a lavorare su più fronti per non essere impreparato di fronte all’eventuale impennata dei contagi. Si teme per i 35 mila rientri, anche se il numero potrebbe essere il doppio considerando chi non si è registrato nella piattaforma telematica. Ecco perché, su suggerimento del comitato scientifico che affianca il governo regionale, il dipartimento Salute sta lavorando per fare tamponi a campione a chi è tornato nell’isola: 8 mila sono quelli rientrati, nei primi giorni di marzo dalla provincia di Milano. Per i loro familiari si stanno elaborando nuove linee guida per l’isolamento domiciliare. L’obiettivo è contenere il più possibile i contagi. Ai Covid-hospital già in fase di realizzazione se ne aggiungeranno altri, almeno uno in ogni provincia. Al personale sanitario in servizio si aggiungeranno medici e infermieri che hanno risposto ai due avvisi pubblici dell’Asp di Palermo e dal Policlinico di Messina: 400 medici e 600 infermieri. Il problema urgente rimane quello della dotazione dei dispositivi. Un carico che era destinato a Palermo è stato bloccato dalla Turchia, mentre le mascherine inviate dalla Protezione civile nazionale per Musumeci non servono a nulla. Anzi, è un «panno che di solito si usa con un poco di detersivo per pulire un tavolo» accusa. «Abbiamo fatto appello ad alcune aziende affinché possano convertire la produzione e dedicarsi ai camici monouso, alle mascherine. Otto aziende del distretto meccatronica si sono già fatte avanti realizzando dei prototipi di mascherine, maschere in 3D per i sanitari e igienizzante». «Aspettiamo il feedback da parte della Protezione civile – dice il presidente del distretto Antonello Mineo – siamo subissati di richieste da parte dei privati ma vogliamo dare priorità alla Protezione civile per dare supporto ai tanti medici e infermieri che sono impegnati in una lotta senza tregua contro il Covid-19».
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