Il Viktator gioca d’anticipo per dribblare un’eventuale sconfitta. Ieri, il primo ministro ungherese, Viktor Orbán, in un’intervista alla radio ha risposto alla messa in guardia del gruppo Ppe, che si riunirà il 20 marzo per decidere se il Fidezs (il partito di Orbán) sarà espulso dal gruppo dei democratico-sociali perché incompatibile con i suoi valori. E ha aperto a un’alleanza con il Pis polacco, partito al potere, oggi all’Europarlamento nel gruppo dei Conservatori e Riformisti (che comprende i Tories britannici, che se ne andranno con la Brexit, e Debout la France di Nicolas Dupont-Aignan, alleato in Francia con Marine Le Pen alle ultime presidenziali).

IL PPE È IN UN GRANDE imbarazzo. Il capogruppo, il tedesco Manfed Weber, della Csu, spitzenkandidat dei democristiani per la presidenza della prossima Commissione, ha posto un ultimatum a Orbán, dopo che 12 partiti della destra di 9 paesi hanno messo sul tavolo l’espulsione del Fidezs. Il primo ministro ungherese deve rispettare 3 condizioni: 1) ritirare immediatamente la campagna per le elezioni europee che mette alla berlina Jean-Claude Juncker (attuale presidente della Commissione, membro del Ppe), perché favorevole all’immigrazione. Nel manifesto incriminato Juncker è fotografato con la bestia nera di Orbán, il miliardario George Soros (che ai tempi dell’Ungheria comunista pagò una borsa di studio anche a Orban). 2) Presentare delle scuse; 3) rinunciare a chiudere l’università europea finanziata da Soros a Budapest. Ma Orbán non intende retrocedere e ha scelto di andare allo scontro alla riunione decisiva del 20 marzo, alla vigilia dell’ultimo Consiglio europeo prima delle elezioni del 26 maggio.

«Preferirei riformare il Ppe – ha detto ieri Orbán – perché le forze anti-immigrazione come noi abbiano tutto il loro spazio, ma chiaramente se dobbiamo prendere un’altra strada è con la Polonia che negoziamo per primi». Domenica sarà in Polonia, «dove il partito al potere non è nel Ppe», per creare le basi di un’alleanza tra Fidezs e Pis, in un gruppo di estrema destra (accanto a quello di Salvini e Le Pen).

LA DOZZINA DI PARTITI democristiani che hanno chiesto l’espulsione di Fidezs sono tutti occidentali e del nord Europa. I Républicains francesi, per esempio, si riservano di decidere per la riunione del 20 marzo, ma sono preoccupati per la spaccatura est-ovest nel Ppe. Weber deve però decidere pensando anche a se stesso: se si schiera con Orbán molto difficilmente potrà avere i voti necessari, anche da altri gruppi, per venire eletto presidente della Commissione. Ma mantenere Orbán nel gruppo, può anche portare a una spaccatura del Ppe nel prossimo europarlamento, indebolendo la formazione di centro-destra: l’ala più sociale potrebbe cercare spazio altrove, rimettendo in gioco la preminenza del Ppe, fino ad ora principale formazione dell’europarlamento. Finora ha prevalso l’idea che Orbán sia più sotto controllo dentro il Ppe che fuori. Parte dei democristiani temono la formazione di un gruppo forte all’estrema destra.

Non solo la Grosse Koalition (Ppe più Pse) che ha dominato finora a Strasburgo, stando ai sondaggi, non dovrebbe più avere la maggioranza nel prossimo europarlamento, ma anche il gruppo S&D è in difficoltà, e per ragioni molto simili a quelle del Ppe.

NEL S&D C’È il Partito socialdemocratico rumeno, che è al potere e orchestra per di più il semestre di presidenza del Consiglio Ue, fino a fine giugno. Il governo rumeno è contestato per la riforma della giustizia e per casi di corruzione. La risposta del Psd rumeno è stata di prendere di mira Frans Timmermans, spitzenkandidat dei socialisti (cioè del loro stesso campo).

Addirittura, la Romania ha aperto un’inchiesta per «falsificazione» nell’analisi dello stato di diritto a Bucarest, contro il vice-presidente della Commissione, appunto Timmermans, e la commissaria alla Giustizia, Vera Jourova. Se il Ppe espelle Orbán, S&D dovrà fare lo stesso con il Psd rumeno. Ma per il momento, Weber e Udo Bullman (capigruppo di Ppe e S&D) preferiscono indignarsi delle indecisioni del rivale invece di guardare a casa propria.