È super. Semplice. Lo conoscono poco nelle istituzioni jazzistiche? Lo pagano meno di Bollani-Rava-Fresu, la Santa Trinità dell’ambiente? Non importa. Rimane super. Franco Baggiani è un musicista classicamente radicale. Solista di tromba per la precisione, ma all’occorrenza virtuoso di live electronics, come in Mechanical Visions (Sound Records) fatto in tandem col batterista Mirko Sabatini. Tra i suoi ispiratori  ci sono Don Cherry, Lester Bowie, Bill Dixon? Mica tanto. Forse, proprio se si volesse tirare in ballo qualche antesignano, si potrebbe dire che è un Booker Little avant-garde. Ma sono esercizi inutili. Nelle improvvisazioni «senza rete» è vertiginosamente puntillista. Ma è esperto di pause e di articolazioni razionalistiche-liriche del fraseggio. Un brano, To Luigi Russolo, ha una dedica impegnativa e regge benissimo la sfida con giochi elettronici ricchi di sapore e serissimi. In Sequenze interiori a dispetto del titolo i due musicisti fanno un po’ troppo gli «impuri», i «post-modern», con gli aggeggi elettronici ma poi le parti di tromba sono sensazionali. Ha forza, Baggiani, ha pathos, ha voglia di esodo, ha cultura. Super.