«Non capisco, perché questa attesa?». Anche Romano Prodi, bloccato come tutti gli altri nella fila per votare, ieri mattina si è fatto più di una domanda sulle code di elettori ai seggi. I numeri parlano chiaro: già alle 19 aveva votato su Bologna città il 65,73% degli elettori, un dato di poco superiore alla media regionale e di ben 7 punti sopra quella nazionale.

NUMERI CHE ARCHIVIANO la stagione del non voto del 2014, quando alle Regionali andarono alle urne meno di 4 elettori su 10. Questa volta le cose sono andate diversamente: Bologna è una delle città in Italia dove si è votato di più. Merito anche della sfida tra Vasco Errani e Pier Ferdinando Casini, cartina di tornasole per capire quale futuro avrà l’apertura al centro del Pd di Renzi – che in Emilia tra l’altro garantisce anche un collegio sicuro all’uninominale all’ex berlusconiana Beatrice Lorenzin – e quali le potenzialità di Liberi e Uguali, formazione della nuova sinistra che secondo Pier Luigi Bersani è al momento «più di una lista e meno di un partito». I primi istant poll parlano di un Casini al 35%, vincente nel suo collegio. Poi la candidata del centrodestra Elisabetta Brunelli attorno al 25%, testa a testa con la 5Stelle Michela Montevecchi. Infine il buon risultato di Vasco Errani al 12%.

UN MATCH ELETTORALE, quello tra Errani e Casini, attorno al quale è girata tutta la campagna elettorale bolognese. L’ex governatore della Regione Vasco Errani, simbolo del riformismo emiliano, ha lasciato ormai il partito che contribuì a fondare un anno fa: 12 mesi per preparare senza troppi clamori la corsa che lo ha portato a guidare Liberi e Uguali da candidato al Senato nel collegio di Bologna città.

«VOGLIAMO RIFONDARE la sinistra di governo e contaminare tutto l’area politica attorno a noi», ha detto assieme ad un altro grande ex, Pier Luigi Bersani. Contro di lui all’uninominale Pier Ferdinando Casini, democristiano doc, allievo di Forlani, avversario storico del centro sinistra ma da qualche anno – dopo un passato accanto a Berlusconi, Bossi e Fini – deciso a giocare le sue carte assieme al Pd. E allora, in cambio dei voti del suo nuovo micro-partito di centro (Civica Popolare) eccolo candidato in un collegio che più blindato non si può.

ERRANI DA UNA PARTE contro il suo ex partito, Casini dall’altra alleato dei suoi ex avversari di sempre. In mezzo gli elettori di centro sinistra, a dover scegliere piuttosto frastornati. «Perché Casini è qui col Pd?», ha domandato incerta una signora di 90 anni al figlio che l’ha accompagnata al voto in un seggio della periferia di Bologna. «Mamma, è il sistema che è cambiato». «Si è mosso quel che doveva muoversi, ma non aspettatevi risultati lunari», ha spiegato venerdì Bersani. Aspettarsi una vittoria di Errani sarebbe forse fantapolitica, anche se sicuramente bisogna dare a LeU il merito di aver riportato al voto i delusi – e anche in Emilia sono tanti – che avevano deciso di non votare più Pd.

I RISULTATI DI QUESTA NOTTE e della mattina diranno se il fortino Pd ha comunque retto al cambiamento, oppure la candidatura di Errani sarà stata capace di attivare un moto popolare di fuoriuscita dal Pd di Renzi, e nel caso se sarà anche stata in grado di togliere abbastanza voti a Casini da rendere contendibile Bologna. Nel qual caso per il Pd sarebbe un disastro storico. Ad aspettare alla finestra la grillina Michela Montevecchi, senatrice in cerca di riconferma, e la candidata di tutta la destra berlusconiana, quell’Elisabetta Brunelli con uno spessore politicamente così incerto da essere stata subito bollata da alcuni analisti come scelta di desistenza da parte di Berlusconi.

Una sorta di omaggio al suo vecchio alleato Pier Ferdinando, che comunque non ha certo condotto una campagna elettorale in sordina, anzi. Ha affrontato gli sberleffi degli ex elettori Pd ora LeU che lo hanno bersagliato sul tema della coerenza. Come fa un democristiano ad andare nelle Case del Popolo, quelle con appesi alle parete i quadri di Togliatti e di Berlinguer? «Cose di 30 anni fa – ha risposto lui – la sfida oggi è quella contro i populisti e gli incompetenti». Traduzione: votare Casini per fermare la Lega e i 5 Stelle, «perché Bossi era antifascista, la Lega oggi è lepenista».

Altri ragionamenti da Casini non sono arrivati, salvo un ‘no’ al matrimonio gay: in tema di diritti civili Casini si è detto portatore di una «sensibilità differente» rispetto a chi lo ha scelto come candidato di tutta la coalizione a guida Pd su Bologna.