C’è chi parla di un vero e proprio tracollo, chi di una forte crisi della segretaria. I suoi numeri restano sicuramente alti, ma certo non sono più «bulgari». Susanna Camusso esce con un consenso in netto calo dal Congresso Cgil di Rimini, inaspettato un po’ per tutti, in queste misure. Anche se, certo, le critiche di Maurizio Landini sono state forti, martellanti, incessanti, fino al climax del suo intervento di mercoledì, e si sono intrecciate al bombardamento altrettanto impietoso del premier Matteo Renzi e a quello iperbolico di Beppe Grillo.

Una stagione durissima: se la segretaria partiva con un 96,7%, in un documento che teneva dentro Landini, questa cifra si è ridimensionata a un 80,5% al momento di eleggere il Direttivo. Con una erosione non scontata delle forze della sua maggioranza: i landiniani si aspettavano tra i 15 e i 16 componenti, ne hanno avuti addirittura 25. Cremaschi viaggiava sui 3, e ne ha ottenuti 4. Le schede bianche sono state 20: e già qui si poteva intuire un segnale: certamente venivano dai suoi.

Ma non basta, perché questi numeri – «trombando» diversi camussiani – hanno dato la stura al caos. Per riuscire a piazzare i suoi, la segretaria ha tentato di occupare più posti del previsto nelle commissioni di garanzia. Il che ha scatenato la protesta delle due minoranze, che hanno minacciato di lasciare il Congresso. A mediare, Vincenzo Colla, segretario dell’Emilia Romagna, che ha chiesto sostanzialmente alla maggioranza di fare un passo indietro. La stessa Carla Cantone, segretaria Spi, a un certo punto si è avvicinata a Camusso, probabilmente per chiederle di rivedere le sue posizioni.

Raggiunto l’accordo sulle commissioni, il Direttivo ha potuto procedere ad eleggere il nuovo segretario, riconfermando Camusso. Ma qui il suo consenso è crollato ancora di più, scendendo dall’80,5% al 73,4%. Camusso è stata rieletta con 105 voti a favore, 36 contrari e 2 astenuti su 143 presenti. Tra i 36 contrari, 22 sono quelli della minoranza: quindi 14 dei suoi, più i 2 astenuti, l’hanno tradita. In effetti, dopo il voto Camusso era molto arrabbiata, e ha strigliato i suoi, parlando di «slealtà».

Per Giorgio Cremaschi il consenso non è da quantificare al 73,4%, ma addirittura al 69%: «Il voto sull’elezione della segretaria generale – spiega – si calcola secondo le nostre regole su tutti gli aventi diritto, che sono 151. Al di là delle percentuali, penso Camusso paghi la presenza di renziani nel suo gruppo, che avranno voluto darle un segnale, e poi sicuramente di alcuni che sono stati sensibili alle critiche di Landini».

Gli scontenti si potrebbero annidare anche tra alcune regioni che hanno avuto dei «trombati» al Direttivo. O tra gli ex di Lavoro e Società: alcuni di quelli non transitati con Landini, non hanno sposato però pienamente Camusso. Alcuni ipotizzano defezioni nello Spi, nonostante le indicazioni di voto pro-Camusso date da Cantone. Lo escludono sia Stefano Landini che Bruno Pizzica, segretari Spi di Lombardia ed Emilia: «È stato un comportamento ingeneroso verso la segretaria – dice Landini – Credo il malcontento si annidi nelle regioni». «Noi abbiamo apprezzato la mediazione di Colla – aggiunge Pizzica – ma restiamo leali».

Per Mirco Rota, segretario Fiom Lombardia, «Camusso paga la gestione inadeguata della Cgil e una posizione debole nei confronti delle misure del governo. E sicuramente le critiche della Fiom hanno pesato».

Chissà se l’idea di inserire un vice segretario o un aggiunto possa aumentare la collegialità: ma puzza di vecchio. Funzionava così prima di Tangentopoli, quando bisognava avere un segretario Pci e un vice Psi perché la Cgil era lottizzata dai partiti (ad esempio Trentin e Del Turco).