«Non riesco a trovare ragioni valide per questa censura e se mi sforzo di trovarle, mi inquietano» ha dichiarato in una nota stampa il regista Stefano Mordini commentando il divieto ai minori di 18 anni per il suo nuovo film, La scuola cattolica, la cui uscita in sala è prevista domani. «Questo atto censorio – ha aggiunto Mordini – priva una generazione di una possibile presa di coscienza che potrebbe essere loro utile per difendersi dalla violenza spesso protagonista nella nostra cronaca. E questo perché alcune delle ragioni di quella tragedia sono purtroppo ancora attuali».
ISPIRATO all’omonimo romanzo di Edoardo Albinati, il film – che è stato presentato fuori concorso alla scorsa Mostra del cinema di Venezia – racconta lo stupro e l’omicidio di Rosaria Lopez e Donatella Colasanti commesso nel 1975 da Andrea Ghira, Gianni Guida, Angelo Izzo nella villa al Circeo di uno degli assassini (Ghira); figli di quella borghesia romana «nera» e profondamente ancorata ai sistemi di potere, i tre sequestrarono le ragazze conosciute qualche giorno prima per torturarle, violentarle, ucciderle con ferocia. Donatella Colasanti si salvò fingendosi morta, la trovarono massacrata nel bagagliaio di una Fiat 127 insieme al cadavere dell’amica dove le avevano lasciate prima di andare al ristorante.
LA PRODUZIONE del film imputa alla Commissione per la classificazione delle opere cinematografiche di «limitare la libertà artistica e di espressione degli autori» con una decisione che va in senso opposto a quanto dichiarato lo scorso aprile dal ministro Franceschini, quando firmando il decreto per l’istituzione della nuova Commissione aveva salutato l’abolizione della censura cinematografica». Mentre Francesco Rutelli, presidente dell’Anica parla di un «divieto ormai arcaico» e di «pareri occhiuti e fuori dal tempo».
Sorpresa invece tra i famigliari delle vittime, il fratello e la sorella di Lopez e Colasanti i quali, come nelle parole del legale che li rappresenta, l’avvocato Stefano Chiriatti, «avevano apprezzato la volontà di tramandare, anche in chiave di ammonimento per il futuro, la memoria della loro tragedia alle giovani generazioni».
MA QUALI sono le motivazioni della Commissione? Si legge nel comunicato: «Il film presenta una narrazione filmica che ha come suo punto centrale la sostanziale equiparazione della vittima e del carnefice. In particolare i protagonisti della vicenda pur partendo da situazioni sociali diverse, finiscono per apparire tutti incapaci di comprendere la situazione in cui si trovano coinvolti. Questa lettura che appare dalle immagini, assai violente negli ultimi 20 minuti, viene preceduta nella prima parte del film, da una scena in cui un professore, soffermandosi su un dipinto in cui Cristo viene flagellato, fornisce assieme ai ragazzi, tra i quali gli omicidi del Circeo, un’interpretazione in cui gli stessi, Gesù Cristo e i flagellanti vengono messi sullo stesso piano».
Cosa significa? La scuola cattolica lascia fuoricampo la connotazione dell’epoca, gli anni Settanta appunto – mai si dice «fascisti» ad esempio – adottando quel punto di vista che rende un fatto di cronaca simbolo di una condizione universale. Coi limiti che un’omissione storica così evidente comporta, perché nell’universalizzazione si rischia di perdere di vista le responsabilità specifiche (politiche, sociali) rischiando un’ambiguità nella valutazione complessiva. È questo che teme la Commissione? Chissà ma certo non sta alla censura supplire i limiti artistici e il divieto ai 18 anni non è una risposta efficace.