La «scuola breve» – il futuro dell’istruzione, a sentire Carrozza – fa i conti con mille impicci. Gelmini, per dirne una, ha messo al bando la sperimentazione negli istituti «tradizionali» e per le altre, un vincolo inderogabile: il percorso è quinquennale. Due anni, più due, più uno. Questione di tagli ma, imperante la Troika, nelle colonie ora si dice «spending rewue». E’ il fascino dell’esotico. Carrozza ha abrogato la norma Gelmini? Nemmeno per sogno! Avrebbe nociuto alla cagionevole salute delle «larghe intese» e, ciò ch’è peggio, «tagliato i tagli». Insomma, partita persa prima di giocarla, ma la ministra s’è fatta furba e l’osso non l’ha mollato. Poiché Gelmini l’ha lasciata erede di un limbo senza norme – le imprecisate e mai ben individuate «sezioni internazionali» – di questa terra di nessuno, in vana attesa di norme, non fuorilegge, ma certo «senzalegge», ha fatto l’ariete per sfondare le mura cadenti della scuola statale.

E’ vero, la ministra ignora le norme vigenti per la macchina che governa, ma i funzionari l’avranno avvisata: alle abolite sperimentazioni, anche se passate con l’inghippo delle sezioni «senzalegge», serve il parere favorevole e obbligatorio del Cnpi, il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione. E’ la legge. Ignorarla sarebbe una pessima lezione di educazione alla legalità. Senza fare una piega, Carrozza è andata avanti: niente parere. E’ vero, Profumo ha sciolto il Cnpi, ma non l’ha abolito e il 15 ottobre, anzi, il Tar del Lazio – un vero guastafeste – ha intimato al Ministro di farlo rieleggere entro 60 giorni dalla sentenza. La ministra, però, presa non si sa da quale fregola decisionista, ha tirato diritto per la sua strada e non s’è curata del vincolante parere scritto del Cnpi. Dalle sezioni «senzalegge», alla sperimentazione fuorilegge il passo è stato breve e soprattutto ben coperto dal silenzio complice del baraccone mediatico, in cui ormai persino un mussoliniano come Teresio Interlandi farebbe la figura di un dilettante.

Compiuto lo strappo, si tratta ora di trovare un manipolo di Dirigenti Scolastici, tra quelli più pronti a dare una mano, più servizievoli e più ideologicamente schierati. I bravi e zelanti, insomma che non mancano mai, pronti a far nascere sezioni di «Liceo classico internazionale» all’interno dei licei «tradizionali» marca Gentile. Anche qui, s’intende, si incappa in regole, impicci e in quell’autentica rogna che si chiama democrazia, ma l’esempio, si sa, viene dall’alto e di educazione alla legalità si parla anzitutto per vendere fumo.

Occorrerebbe starci nelle scuole, per cogliere il senso di smarrimento del personale docente, vedere gli anziani, giunti al capolinea stremati, timorosi di una nuova riforma, che ancora una volta gli neghi un diritto, li irrida, gli faccia toccare con mano la loro impotenza, mentre un saputello del sindacato di Stato, disteso e ben pasciuto, tutto chiacchiere e cellulari, gli spiega che sbaglia, confonde: non di diritti si sta parlando, ma che dice? Si tratta solo di aspettative di vita. Non pensa ad altro, buona parte degli anziani: tagliare la corda una volta e per tutte. In quanto ai «giovani», a loro diresti abbia pensato Ungaretti cantando la disperata rassegnazione: «si sta, come d’autunno sugli alberi le foglie».

Dalle mie parti, al liceo «Sannazzaro», pubblico e privato corrono già gomito a gomito: «sezione internazionale», quattro anni e un successo già scritto. Non c’è voluto un grande sforzo: un Collegio dei Docenti convocato dalla sera al mattino nell’inerzia della rappresentanza sindacale – anche qui regole sotto i piedi – senza il tempo per capire che si approvasse. Un’urgenza insensata, una fretta così ingiustificata, che alla fine, nonostante la rassegnazione, è finita sul filo di lana: il liceo breve è passato per un voto e con tanti astenuti, mentre circolavano esempi di un orario nuovo, in cui non mancavano le compresenze; colpiva, tra tutti, il caso di due docenti pagati con due stipendi per fare insieme un’ora di religione e di filosofia. Senza contare l’equilibrismo sul filo del pensiero laico, anche stavolta la Gelmini è stata del tutto ignorata e le compresenze, abolite alle elementari, hanno fatto l’esordio al liceo. Una scelta compatibile con gli attuali ordinamenti della scuola? Il Consiglio d’Istituto non ha eccepito e tutto è filato liscio come l’olio.