Lo scorso 18 novembre l’Università olandese di Twente ha annunciato l’improvvisa morte del professor Arjen Hoekstra.

Chi era il professor Arjen Hoekstra e perchè dovremmo tutti conoscerlo? Era, e per sempre sarà, lo scienziato a cui dobbiamo
l’invenzione del concetto di impronta idrica. Tutti conosciamo il concetto di Co2 e dell’impronta di carbonio, e tutti noi sappiamo che per andare in aereo o in macchina inquiniamo l’aria e produciamo Co2.

Allo stesso modo dovremmo pensarci ed essere consapevoli che per produrre le cose che usiamo nella nostra vita quotidiana e soprattutto per produrre il cibo che mangiamo, è servita dell’acqua. Tanta acqua. Ecco: una persona, una comunità, una nazione, milioni e milioni di persone consumano magliette, pomodori, cellulari, ma anche pantaloni, panini, hamburger, banane… consumano prodotti di tutti i tipo. Bene: tutta l’acqua che è servita a produrre quei beni alimentari e industriali, da dove proviene quest’acqua e in che modo è arrivata a noi, è incluso nel concetto di un indicatore oggi molto preciso: la nostra impronta idrica. E questo concetto aiuta a fare connessioni, connessioni che prima non erano mai state fatte.

Gli asparagi irrigati in Perù dall’acquifero del Guaranì, per esempio, vengono mangiati nel Regno Unito. I pomodori irrigati a Pachino (Sicilia) vengono mangiati anche in Germania. I kiwi irrigati nel Lazio vengono mangiati in tutta Europa. L’intero Medio Oriente che annovera al suo interno i paesi più aridi al mondo, non potrebbe mai irrigare abbastanza per soddisfare i propri bisogni alimentari: ma può sfamare le sue popolazioni tramite l’importazione di cibo dall’estero. E con le derrate alimentari, importa anche l’acqua che è servita per coltivarle e produrle.

Il calcolo di «quanta acqua è servita per produrre un chilo di pane» era stato già enucleato dal professor Tony Allan ( King’s College London) con la formulazione del concetto di «acqua virtuale» e aveva preso piede nei primi anni 2000, culminando con l’evento nel 2008 in cui Allan venne insignito del World Water Prize conferito dalla famiglia reale di Svezia. Una sorta di «premio Nobel dell’acqua», se vogliamo.

Ma il lavoro febbrile e maniacale, il lavoro instancabile per trovare da dove, verso chi, e in che modo tutta questa acqua veniva mobilitata attraverso il commercio mondiale, lo ha fatto lui: il professor Arjen Hoekstra. Conosciuto Allan, nella mente di Hoekstra prese piede una visione. Una visione che non lo ha mai abbandonato.
Una visione fatta da una miriade di connessioni: fiumi, laghi, falde sotterranee che venivano usate per produrre beni, dissetare e sfamare persone dall’altro capo del mondo. Come? Con quali benefici? A che prezzo? E in che modo? Con che tipo di acqua si producevano tutte queste cose? Agricoltura irrigata o da acqua piovana? E ancora, quanto si inquinava? E in che modo l’import e l’export di acqua virtuale aveva dei benefici sulle popolazioni di origine e di arrivo dei beni prodotti?
Il professor Hoekstra iniziò a sfornare numeri, tabelle, infinite sequenze di connessioni tra paesi e paesi: dove va il grano di tutto il mondo, quanti fiori importa l’Olanda dal Kenya, e quanto grano esporta il Brasile e dove va a finire tutto questo fiume di acqua incorporata nel cibo… Centinaia di accademici, studenti, ricercatori, organizzazioni internazionali, tra cui anche l’Onu, iniziarono ad essere interessati dall’enorme mole di risultati prodotti dalle ricerche condotte dal professor Hoekstra: era nato il Water Footprint Network.

Una casa per tutti gli studiosi che si avvicinavano al suo metodo e che volevano vedere, come lui, la visione globale. La visione meravigliosa che lui aveva sviluppato nella sua mente : il professor Arjen Hoekstra aveva scoperto in fondo una sola, grande, verità. E cioè che l’acqua collega le persone le une alle altre. E che siamo tutti responsabili, ognuno di noi, dell’acqua di tutti gli esseri umani. E che, come siamo fatti tutti di acqua, allo stesso modo mangiamo acqua, il nostro cibo è fatto di acqua e proviene da fiumi, laghi e falde idriche spesso in paesi lontani.

E questa verità e questo tesoro, questo messaggio, è ciò che dobbiamo tramandare alle future generazioni. Proteggiamo l’acqua. Consumiamo l’acqua in modo sostenibile. Mangiamo in modo sostenibile. Cerchiamo di chiudere gli occhi e visualizzare anche noi la sua grande intuizione globale: l’impronta idrica non è un concetto astratto, l’impronta idrica siamo noi. E siamo noi che possiamo ancora cambiare le cose.