Horror cormaniano e ossequioso adattamento letterario, la telepresentatrice Oprah Winfrey e un occhio al cinema dell’Africa e di Haiti, un kolossal hollywoodiano e, allo stesso tempo, un oggetto che – tutt’oggi – resiste alle leggi di Hollywood. È Beloved di Jonathan Demme, l’adattamento dal libro di Toni Morrison che il regista americano definì più volte «un grande oceano di romanzo». Da tempo Demme voleva affrontare la storia afroamericana. Inizialmente pensava a Parting the Waters, il best seller di Taylor Branch. È stata una telefonata di Oprah Winfrey, che gli fece cambiare idea e scegliere Beloved, di cui Winfrey aveva comprato i diritti dieci anni prima.

Già apparsa nello spielberghiano Il colore viola, Oprah aveva acquistato Beloved perché voleva interpretare la parte di Seth. Winfrey è anche la ragione per cui uno studio hollywoodiano (la Disney) accettò di spingere un progetto che, specialmente vent’anni fa, non aveva nessuna chance di raggiungere un pubblico di massa e nei cui confronti anche la critica del tempo dimostrò solo un cauto rispetto. Demme e Winfrey scelsero di essere più aderenti possibile alla scrittura di Morrison nel trasferire il romanzo sullo schermo (a costo di sacrificare l’economia, l’inventiva e il calore tipici del lavoro del regista), ma Beloved rimane un lavoro coraggiosamente scomodo, ostinatamente controcorrente (e quindi demmiano, anche se formalmente non ha nulla di sovversivo).

Lungo tre ore, rispetto a titoli a cui è stato spesso paragonato come Il colore viola e Amistad è un film molto più «black», e più esoterico. Dei suoi amori, Demme ci ha messo il genere (horror: per le sequenze soprannaturali con una fotografia quasi elettricamente ruiziana di Tak Fushimoto), la cultura africana e anche quella di Haiti (che filtrano di folklore e tradizione la trama), e le farfalle di Annibal Lecter.

Oprah Winfrey è Sethe ex schiava che vive con l’unica figlia che le è rimasta e il fantasma di quella a cui ha tagliato la gola, in una casa dove i mobili si muovo misteriosamente e furiosamente, e una luce rossa accende l’entrata quando arriva Paul D. (Danny Glover). «Non è cattivo, è triste», dice Sethe dello spirito della bimba che strega la sua casa, e che si materializzerà poco dopo, nel corpo/volto di una ragazza (Thandie Newton) che parla a malapena ma che si stabilisce da lei. Presenza opaca, irrazionale, orribilmente bisognosa eppure ipnotica e irresistibile, è contemporaneamente un qualcosa lasciato indietro e l’inevitabile destino della famiglia.