Riuscirà The Pomiglian Candidate ad arrivare al governo? Nel giro di qualche mese Luigi Di Maio, l’uomo che ormai da settimane gira per le imprese del nord a promettere «stabilità», si gioca il tutto per tutto. E forse sul piatto della scommessa finale ci mette anche il futuro stesso del Movimento 5 Stelle, il non-partito pigliatutto protagonista ormai da 5 anni di un’ascesa straordinaria dai bassifondi del web alle alte sfere del potere. Lui, Di Maio, assieme al suo M5S adesso si trova al rush finale: si tratta di correre la sfida decisiva, quella che porta a Palazzo Chigi.

Come se non bastasse, a scanso di clamorose ma nient’affatto impossibili dietrofront sul tetto dei due mandati elettivi, la prossima legislatura per Di Maio e i suoi fedelissimi sarà l’ultima. Dunque, quello che a dispetto di legge elettorale e contingenze politiche si ostina a farsi chiamare «candidato premier», si trova davanti ad un crinale strettissimo.

Il tempo non lavora dalla sua parte e le condizioni politiche, a ben vedere le stesse che hanno decretato l’ascesa del grillismo, non favoriscono cavalcate trionfali dentro le istituzioni. La prima strada è quella più ardua: raccogliere i 40% dei voti e puntare al monocolore grillino. La seconda parrebbe più probabile ma non è nient’affatto semplice: sfatare il tabù delle alleanze. Ma con chi stringere accordi? Col Pd in picchiata e il centrodestra sempre sul punto di scoppiare, le passioni trasversali del M5S puntano ad approdare su opposte sponde: il populista Matteo Salvini oppure il giudice Pietro Grasso? Lui, Di Maio, non vuole scoprirsi: «Bisogna vedere quanti parlamentari prenderà ogni partito». E usa sette camicie per tenere insieme i pezzi. A bordo campo, a sottolineare l’ennesimo paradosso di questa storia fatta di contraddizioni ed opposti estremi, si scalda Alessandro Di Battista: dopo aver interpretato il non-politico-in-Parlamento adesso si appresta a giocare la parte del politico-fuori-dal-Parlamento.