Nelle viscere di un solaio in cui ogni anticaglia sembra palpitare di una vibrazione sinistra, una scatola macilenta è cavata all’abbraccio della polvere da una mano di bambino. Il cartone cede e dalla ferita sulla sua superficie salta fuori una scimmia. È una bambola di pezza con la pelliccia arruffata, incrostata di polvere; un pupazzo sdrucito che regge due piatti metallici. Nella diastole sistole del brivido, Hal Shelburn sente il jang jang jang dell’ottone. Il fantoccio lo guarda accoccolato tra le braccia di suo figlio: lo riconosce – non ha dimenticato il vecchio amico – e un ghigno orribile gli...