Dopo circa venticinque giorni dall’inizio dei lavori e una settimana di proteste dei residenti con tanto di invio di fax agli uffici competenti, la soprintendenza ai Beni architettonici e paesaggistici ha battuto un colpo, intimando lo stop ai lavori. Uno stop che arriva quando i danni in parte sono stati già fatti alle scale in pietra lavica del Vesuvio che scendono dal Petraio al corso Vittorio Emanuele, un pezzo della storia di Napoli. I gradini si snodano lungo il letto del torrente che smaltiva le acque piovane dalla collina al mare. Una zona di acciottolati, da cui il nome, ma anche di cave di pietra da cui si estraeva il materiale usato per le costruzioni. Dal Quattrocento, il torrente cominciò a tramutarsi in scale: in collina c’era il forte (Castel Sant’Elmo) da cui si dominava la città, la certosa di San Martino, gli orti, le residenze di caccia, l’antico borgo di Antignano.
Un sistema di gradini collegava la parte alta con il centro: i basoli sono messi a incastro con una leggera pendenza in modo da convogliare al centro l’acqua piovana così, in caso di acquazzone, non si allagavano i terranei sviluppatisi lungo il percorso. Proprio lungo il Petraio, in una villa nobiliare, ha risieduto Goethe: oggi l’edificio è stato trasformato in un condominio, diviso in miniappartamenti. L’antico convento di Santa Maria apparente, invece, è stato raso al suolo negli anni ’50 per tirare su due orrendi palazzoni.
Il borgo si è sviluppato in modo autonomo intorno a una comunità che, nei secoli, ha provato a proteggere la propria identità architettonica, fatta delle sue pietre, dei suoi lampioni in ghisa che l’amministrazione negli anni passati ha provato a sostituire con semisfere già ingiallite, le sue antiche fontane (erano otto, sono state rubate) oggi sostituite dai residenti con tre abbeveratoi in ghisa. I capricci degli uffici comunali avevano addirittura fatto materializzare una rete in metallo a trame fitte che nascondeva il panorama del golfo. Ancora i residenti si sono dovuti armare di flex e tagliarla via da soli. Da soli si spazzano le scale, da soli sorvegliano gli abusi. Nel silenzio della soprintendenza.
Un mese fa è arrivata la Napoletanagas a sostituire i tubi, la conduttura perde metano. Per portare il materiale di lavoro hanno utilizzato un’enorme scavatrice che ha dissestato e spaccato i basoli anche nella zona non interessata ai lavori. Il resto l’hanno fatto gli operai: lasciati a loro stessi senza alcuna indicazione, hanno rimosso maldestramente le pietre rompendole e rimettendole alla rinfusa, inserendo nelle fughe malta bianca destinata a spaccarsi. Così, un pezzo per volta, tra un rattoppo e un abuso, è sparita la storia e l’identità architettonica di un’antica città. Il soprintendente Giorgio Cozzolino, dopo una settimana di proteste, ha fatto sapere che bisogna sospendere ogni tipo lavoro perché «le scale del Petraio sono sottoposte a vincolo paesaggistico e rientrano nelle cose immobili di interesse storico e artistico».
L’intera zona è infatti compresa nella variante di salvaguardia adottata dal comune di Napoli nel 1998 e poi nella zona soggetta a vincolo paesistico adottata nel 2004. La comunità del Petraio invierà alle amministrazioni coinvolte una petizione: naturalmente i lavori alle condutture sono necessari e devono continuare, ma ci vuole tutela e rispetto. Le loro scale sono solo un esempio di quello che potrebbe accadere allentando i vincoli e svuotando di poteri le soprintendenze, a patto naturalmente che i loro dirigenti si occupino davvero di tutelare il territorio.