La sera fa caldo e i ragazzi del rione Sanità sono in giro fino all’alba. Il cinque settembre Gennaro Cesarano, 17 anni, ha mangiato un panino con gli amici, sono le quattro e mezza di mattina e non vuole lasciarli andare, «stiamo un altro poco» insiste mentre tirano tardi accanto alla chiesa di San Vincenzo. Il commando arriva su due moto, sono in quattro, esplodono 18 colpi da due differenti armi. Due pallottole raggiungono Genny allo sterno e alla schiena: è a terra morto e non c’è niente da fare. Così finisce una vita, per un raid di cui neppure la questura riesce a capire i motivi.

Sono mesi che nei quartieri di Napoli si spara, di morti ce ne sono stati altri come Luigi Galletta, meccanico di 21 anni, giustiziato con tre pallottole al petto per essersi rifiutato di truccare auto e motorini per conto dei clan. Quando non sparano sciamano sui mezzi, “la stesa” la chiamano: arrivano in blocco su moto e scooter, invadono le strade in segno di comando. Si danno la caccia tra Forcella, Sanità, Barra, Ponticelli e poi a ovest, al Rione Traiano, perché i boss sono in carcere e le nuove leve cercano di occupare il territorio, l’età media sempre più bassa. Non sono neppure più clan ma paranze armate che combattono per le piazze di spaccio, il pizzo persino sugli ambulanti e l’usura.

Furto di legna per Sant’Antonio

Genny andava all’alberghiero, a 14 anni con un amico aveva rubato legna per il cippo di Sant’Antonio, i quartieri popolari si sfidano a chi accende la pira più spettacolare, quando la polizia provò a fermarli scapparono, l’inseguimento finì con l’accusa di reati contro il patrimonio, lesioni e resistenza a pubblico ufficiale. Qualche settimana al minorile e poi un giudice intelligente lo restituì al quartiere, in prova alla «Casa dei Cristallini«, l’associazione dove aiutava i più piccoli a fare i compiti.

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Al funerale di Genny

Il padre è stato un esponente dei Disoccupati organizzati, anni di lotte per il lavoro, alla fine il mestiere se l’è inventato da solo: vende gadget ai concerti in giro per l’Italia. «La mattina dopo l’omicidio è venuta da me una delegazione di donne – racconta Alex Zanotelli, il padre comboniano che vive proprio nel campanile della chiesa di San Vincenzo -, “siamo mamme” mi hanno detto e “vogliamo fare una manifestazione per dire basta alla camorra”. Il quartiere ha deciso insieme di fare una fiaccolata e ha reclamato il funerale pubblico per Genny».

La commissione parlamentare Antimafia è arrivata a Napoli lunedì scorso per una due giorni sull’ordine pubblico, Rosi Bindi ha dichiarato: «La camorra è un dato costitutivo di questa società, di questa città, di questa regione» innescando così 48 ore di polemiche. Il giorno dopo niente scuse ma una precisazione: «Intendevo che la camorra riguarda il tessuto sociale e storico, non il dna». Il tessuto sociale e storico ce lo racconta padre Zanotelli: «La Sanità è un posto bellissimo: tra ‘600 e ‘700 la nobiltà ha costruito palazzi incantevoli nella zona che portava alla reggia di Capodimonte, edificata da Carlo di Borbone. Poi Murat nel 1799 costruì il ponte che bypassava il quartiere, trasformandolo in una enclave chiusa su se stessa». Fino al dopoguerra i palazzi nobiliari e gli splendidi giardini ospitavano i laboratori di pelletteria (borse, scarpe, guanti), cravatte e camicie vanto della sartoria napoletana.

Un’economia spazzata via

Un’economia spazzata via completamente, che sopravvive in pochi scantinati dove il lavoro al nero è un inferno. «In 5 chilometri quadrati – prosegue Zanotelli – vivono 70mila persone più la comunità migrante che si è inserita, accolta benissimo. La disoccupazione è altissima e lo stato qui non esiste».
Nessun asilo nido, una scuola elementare, solo 3 o 4 classi medie. Un solo istituto superiore, l’alberghiero, ridotto alla metà e a rischio chiusura. Il tempo pieno non esiste.

C’era un cinema, il Felix, la regione aveva promesso di acquistarlo con i fondi Ue, ora è un supermercato. Neppure uno dei tre campi sportivi il quartiere è riuscito ad ottenere per i ragazzi, sono finiti tutti ai privati. All’ospedale San Gennaro sono stati chiusi il pronto soccorso generale, quello ostetrico e quello psichiatrico. Persino le navette bus è difficile avere. Battaglia a vuoto per ottenere una biblioteca e un centro culturale nell’ex istituto Froebeliano. La ludoteca organizzava i campi estivi a Marechiaro per i ragazzi, molti dei quali non avevano mai visto il mare: taglio dei fondi per il sociale e niente più campo estivo. «Quattro anni fa – conclude Zanotelli – chiesi due vigili per presidiare le strade, mi risposero che li avrebbero messi se mi fossi fatto dare due carabinieri per proteggerli. Abbiamo avviato un progetto di microcredito: in 4 anni siamo riusciti a finanziare solo 5 progetti poiché le attività non riescono a sostenersi».

Così alla Sanità non c’è niente che si frapponga tra l’usura, le piazze di spaccio e la popolazione impoverita.

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Marcia anti-camorra al Rione Sanità