«Rovesceremo questo regime creato sulla legge anti-proteste», ha detto al manifesto dalle sbarre della gabbia per i detenuti della Corte di Alessandria, Mahiennur el Massry. L’attivista comunista è stata condannata a due anni di reclusione per aver preso parte e organizzato un assembramento ad Alessandria d’Egitto per ricordare uno dei simboli delle rivolte del 2011, Khaled Said, ucciso dalla polizia nel 2010.
«Nella mia cella ci sono decine di figli di contadini», ha continuato l’avvocato, da 40 giorni in prigione, avvolta nel velo bianco dei detenuti. I ventilatori del tribunale sono stati spenti all’improvviso, nonostante il caldo torrido, come per invitare le centinaia di persone, accorse per vedere Mahie, ad uscire dall’aula. Lo sguardo di ghiaccio del giudice Sherif Hafez, noto per la mano dura contro i detenuti politici, ha gelato il pubblico.

Svenimenti e risse hanno accompagnato la decisione della Corte di tenere Mahie in prigione almeno fino al prossimo 20 luglio. «Dal decimo giorno di Ramadan, potrete visitarmi ogni settimana», sussurrava tra le sbarre Mahie alla madre e alle sorelle, Mirial e Mahiesun. Gli avvocati, il comunista Khaled Ali e il socialista rivoluzionario Hetam Mohammedin, nelle loro arringhe difensive, hanno duramente criticato la legge anti-proteste e l’arresto immotivato di Mahie, che, secondo la difesa, partecipava ad un assembramento spontaneo. All’annuncio del rinvio Mahie ha urlato, seguita a ruota dalle grida di decine di attivisti: «Contestare è nostro diritto, rifiutiamo la legge anti-proteste. La rivoluzione in tutte le strade». Nelle ore di camera di consiglio, alcuni fotografi sono riusciti a scattare delle foto all’interno della gabbia con una polaroid, poi consegnate alla sua famiglia. Mahie, insignita del premio internazionale Ludovic Trarieux per il suo impegno politico, ha poi chiesto tra le sbarre alla sorella Mahiesun di occuparsi del caso di una donna, detenuta insieme a lei, che non ha abbastanza denaro per pagare la cauzione e uscire di prigione.

Lo spazio della contestazione

«Cercherò di non protestare per evitare l’arresto ma continuerò a recarmi in tribunale per aiutare chi non sa neppure perché è in prigione». Queste sono state le parole che ci aveva detto Mahie, poco prima di essere arrestata. I giudici egiziani hanno colpito lei per intimorire un folto gruppo di attivisti laici che, nonostante censure e restrizioni (con la messa al bando del movimento 6 aprile, gli arresti di tre dei leader del movimento nato nel 2008 a sostegno degli scioperi, la condanna a 15 anni dell’attivista Alaa Abdel Fattah) ha continuato a contestare i metodi antidemocratici dell’esercito. E così, raccontare l’impegno anti-regime di Mahie significa ricordare come le contestazioni si sono svolte ad Alessandria, una città completamente diversa dal Cairo, con uno spazio pubblico proteso verso il mare ed esteso fino all’immensa Università cittadina (dove tra la moschea di Qait Ibhrahim e Sidi Gaber si sono svolte le principali manifestazioni dal 2011 in poi) e uno sterminato entroterra, con una periferia estremamente disagiata.

Abbiamo incontrato Mahie per la prima volta nel dicembre 2012 quando l’Egitto era diviso sulla Costituzione, voluta dai Fratelli musulmani. Insieme a lei abbiamo visitato i quartieri popolari di West el-Aghani, el Amereia dove si trovano centinaia di industrie, fino alla città costiera di Marsa Matruh. Nel centro urbano si concentrano i ricchi palazzi nei rioni di Kafr Abdu e Rushdy. Ma più il mare è lontano, più i vicoli non asfaltati e i palazzi di mattoni nati senza criterio spuntano ovunque. Il lungomare con la torre di Qait Bey e la biblioteca alessandrina sembrano lontanissimi dagli slum di Nadi Sid e Mopgzar Ali.

Prima dei consueti scontri dopo la preghiera del venerdì, abbiamo partecipato insieme a Mahie alla riunione di coordinamento delle opposizioni, il Fronte di salvezza nazionale, ora dissolto. Il suo amico Tarek Moktar aveva appena organizzato un imponente sciopero dei medici. «Chiediamo che venga assegnato un budget per il sistema sanitario, di stabilire che la salute è un diritto di tutti e l’aumento dei salari del personale ospedaliero. Sta scioperando oltre il 90% del personale medico perché la Costituzione non va in questa direzione», denunciava Tarek. Susan Nada, altra protagonista dei movimenti di Alessandria, segretario del Partito socialista dei lavoratori, criticava duramente l’Assemblea costituente definendola illegittima, per l’assenza di rappresentanti di donne, contadini, studenti e lavoratori al suo interno.

Dai Tamarrod all’arresto

Con questo spirito abbiamo incontrato di nuovo Mahie durante le manifestazioni del movimento per le dimissioni dell’ex presidente Mohammed Morsi. La campagna di raccolta firme Tamarrod (rivolta), nel maggio 2013, era sostenuta dai movimenti liberali e socialisti e non era ancora infiltrata da esponenti dei Servizi segreti militari, come è stato confermato in seguito al colpo di stato militare del 3 luglio 2013. Le urla di Mahie echeggiavano più forti di ogni altro uomo o donna che partecipasse alle manifestazioni alle porte della Corte di Alessandria. Dopo venti giorni di prigione, Mahiennour ha potuto inviare due lettere dal carcere. La prima commovente missiva è stata resa pubblica al suo avvocato Mohammed Ramadan ed ha subito fatto il giro del mondo. Mahie ha chiamato gli egiziani alla lotta di classe. L’attivista ha poi descritto il carcere come un microcosmo di poveri e ricchi dove i secondi hanno accesso a tutto e i primi a niente, proprio come nella vita reale. I detenuti della sua cella sono lì perché non hanno potuto pagare dei debiti, molti per le spese dei matrimoni dei figli. Nella seconda lettera dalla prigione, l’avvocato ha invece rifiutato amnistie finché non verrà emendata la legge anti-proteste.

Sono state organizzate due contestazioni per chiedere il rilascio di Mahie. La prima si è tenuta alle porte della sede del Centro per i diritti economici e sociali (Ecesr) del comunista e suo avvocato difensore, Khaled Ali, ad Alessandria d’Egitto. 16 attivisti, tra cui Tarek Moktar, sono stati arrestati e poi rilasciati. Al Cairo la protesta si è svolta alle porte del sindacato dei giornalisti.

Ormai, nell’Egitto dell’ex generale Abdel Fattah el-Sisi non c’è più spazio per la contestazione dei giovani rivoluzionari. Sebbene il ritorno del vecchio regime è implacabile, e i figli dell’ex presidente Hosni Mubarak, Gamal e Alaa saranno presto liberi su cauzione dopo essere stati prosciolti da alcune delle accuse di corruzione a loro carico, Mahie continuerà a lottare per i diritti di poveri, lavoratori e delle famiglie delle centinaia di attivisti uccisi nelle proteste degli ultimi tre anni in Egitto. Le centinaia di attivisti di Alessandria invece, tra un caffè e un narghilè nel piccolo bar a due passi dal cinema Amir, continueranno a vedere in questa incredibile giovane donna, il simbolo del riscatto della città sul mare.