Dopo Napoli e Firenze ieri l’Associazione Italiana Biblioteche (Aib) ha inaugurato il terzo «bibliopride» nazionale da Lecce. La manifestazione dell’«orgoglio delle biblioteche» si svolgerà per tutto il mese d’ottobre in Puglia e in molte altre regioni del paese: Abruzzo, Basilicata, Campania, Calabria, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria (per l’elenco completo delle iniziative: www.aib.it).

«Il BiblioPride è diventato un appuntamento di valenza culturale e civile – afferma Enrica Manenti, presidente dell’Aib – Delle 65 mila biblioteche pubbliche in Europa, quasi 6 mila si trovano nel nostro paese». Questi spazi versano in un presente da incubo e il BiblioPride vuole essere anche un’occasione per attrarre l’attenzione su questa crisi. Rossana Rummo, direttrice generale per le biblioteche del ministero dei beni culturali (Mibact), ha lanciato un grido d’allarme: i gravi tagli alla cultura hanno creato un’emergenza nazionale cancellando i concorsi necessari per assumere nuovo personale. Non si assumono bibliotecari dalla metà degli anni Ottanta. Oggi il 50% degli addetti ha un’età media superiore ai 60 anni. Con il blocco del turn-over imposto dalla spending review degli ultimi governi, compreso quello attuale guidato da Matteo Renzi, i bibliotecari andranno in pensione ma al loro posto non sarà possibile nemmeno assumere giovani – o meno giovani – con un contratto a termine. Favorendo così un inserimento progressivo.

Tempo qualche anno e le 6 mila biblioteche verranno desertificate. E i libri resteranno soli. Senza personale e quindi senza lettori. A questo si aggiunge il taglio dei fondi per l’acquisizione di nuovi libri. Tra dieci anni l’accesso alle biblioteche e, in generale, alla memoria e alla ricerca sarà reso impossibile per la deliberata scelta da parte dello Stato italiano di fare a meno della cultura pubblica. «La verità è che l’Italia è un paese imballato sotto molti aspetti, primo quello della diffusione della cultura – afferma Rummo – Lo Stato ha tagliato le gambe, quindi è impossibile rialzarsi. Di fronte a ciò bisogna creare rete, mettere insieme le poche risorse che si hanno. Il Sud è l’espressione più evidente della mancanza di attenzione istituzionale alle biblioteche».

Per queste ragioni il mese dell’orgoglio delle biblioteche è stato interpretato come una rivendicazione del ruolo, e dell’identità, del bibliotecario: «Rappresenta l’insofferenza del biblitecario verso un suo ruolo in partenza stigmatizzato – aggiunge Manenti dell’Aib – Scendere in piazza significa parlare col cittadino vis a vis, chiedergli maggiore responsabilità, perché sono i cittadini gli interlocutori finali delle biblioteche. Perché il problema delle biblioteche e dei bibliotecari in Italia è un problema collettivo, che riguarda tutti noi. Nessuno escluso». Un altro aspetto della spending review permanente che sta facendo a pezzi la cultura in Italia è l’abolizione delle province.

Prima evocata da una campagna populista contro la «casta» e le sue favolose «prebende», poi realizzata a spizzichi e bocconi dal governo Monti e Letta, oggi questo evento «epocale» ha moltiplicato le cariche della stessa «casta» (sindaci e altre figure delle nuove «città metropolitane») e moltiplicato il caos nelle biblioteche. Ancora oggi non si sa che fine faranno le biblioteche provinciali. E ignota resta la sorte dei bibliotecari che ci lavorano.

Altro capitolo di questo libro infernale: la «digitalizzazione». Parolone in cima a tutti i desiderata degli ultimi governi. Nelle biblioteche rischia di scomparire per carenza di fondi: «Chiediamo che almeno non si smetta di far funzionare ciò che va bene, come il nostro invidiabile sistema nazionale di biblioteche e l’Snd, un catalogo, gratuito per gli utenti, che non ha rivali nel resto del mondo, nato da collaborazione e condivisione». Per Manenti «senza personale e senza acquisti, tanto varrebbe chiudere».