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La risposta civile alla barbarie del decreto sicurezza bis

Eh no, non possiamo limitarci a formulare le frasi di scongiuro: «Non ha il potere», «non glielo consentiranno i partner di governo», o le più tecniche e pur sempre apprezzabili, […]

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 15 maggio 2019

Eh no, non possiamo limitarci a formulare le frasi di scongiuro: «Non ha il potere», «non glielo consentiranno i partner di governo», o le più tecniche e pur sempre apprezzabili, «non può sconfinare nelle competenze di altri ministeri», «va contro il diritto internazionale», ecc.

La minaccia legislativa del ministro degli Interni Matteo Salvini, contenuta nel Decreto sicurezza bis, di infliggere una sanzione di 5.500 euro a chiunque soccorra un naufrago in mare, non è solo l’espressione di un rabbioso velleitarismo. È qualcosa di infinitamente più grave e non la si può derubricare a boutade di questo personaggio senza storia e senza cultura, prodotto di un’ Italia del rancore e dell’egoismo sociale. La disposizione di legge di Salvini equivale al comando di lasciar morire chi è in pericolo di vita, quindi, di fatto, a uccidere un essere umano. Che cosa è se non un assassinio non porgere la mano al naufrago che sprofonda sotto i nostri occhi?

E allora occorre prestare attenzione alle parole e analizzarle con un minimo di serietà etica, oltre la chiacchiera della politica corrente, che macina ogni evento e notizia nel tritatutto di una cronaca informe. È un ministro della Repubblica che invita a uccidere, è una figura dello stato di diritto che esorta alla morte di esseri umani in pericolo.

È questa l’inaudita novità. Credo di poter dire che mai nella storia dello Stato italiano, dal momento della sua fondazione a oggi, un esponente politico aveva tentato di fare, di un sentimento di odio, di una feroce disposizione antiumana, un atto di governo. È la barbarie della nostra epoca che diviene, o tenta di diventare, ordinamento dello Stato.

E allora non si può stare a guardare, a discettare accademicamente di fascismo e antifascismo. Siamo ormai, come ricorda Filippo Miraglia, pericolosamente vicino al baratro (il manifesto, 12/5). Occorrerebbe che le forze politiche ne prendessero atto. L’imbelle disimpegno dell’opposizione, che si tranquillizza con l’affermazione «litigano fra di loro», deve essere anch’esso un segnale d’allarme. La democrazia si perde per questa narcosi, per questa assuefazione al peggio che avanza, per l’incapacità di scorgere che lentamente si accetta come normale anche l’impensabile.

Perciò è stato un segno importante, e anche una indicazione politica da seguire, la protesta contro Salvini montata a Catanzaro da tanti semplici cittadini, forze politiche della sinistra radicale, giovani senza partito. È la società civile, che non sopporta la sopraffazione di questo ministro dell’odio, a organizzare la ribellione. Si tratta di una parte crescente del Paese che non si sente più rappresentata da un ceto politico inerte e senza idee, tragicamente incapace, al di là di quattro formule retoriche, di indicare qualche orizzonte al nostro Paese.

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