Non è proprio un rinvio a settembre ma pochissimo ci manca. L’ufficio di presidenza della commissione Affari costituzionali del Senato ha fissato il calendario della terza lettura della riforma costituzionale. Il termine per presentare gli emendamenti è il 31 luglio: sino a quel momento si procederà con la discussione generale. Poi ci sarà la prima settimana di agosto per iniziare le votazioni. Ma difficilmente la commissione riuscirà a macinarne molte. In aula la legge ci arriverà a settembre e a quel punto sarà una corsa contro il tempo: il rischio di scavallare il termine ultimo per fissare il referendum nel giugno 2016 sarà tutt’altro che immaginario.

Non è la tabella di marcia che voleva la ministra Boschi, decisa a portare la riforma in aula subito per farla approvare prima della pausa estiva. Sarebbe stato un azzardo esagerato persino per Renzi, con una parità in commissione, 14 senatori di maggioranza, 14 d’opposizione, ma con almeno tre del Pd decisi a ottenere sostanziali modifiche e altri tre, dell’Ncd, di dubbia fedeltà.

Di qui a settembre, governo e maggioranza dovranno quadrare diversi cerchi. Il primo obiettivo è riequilibrare le proporzioni in commissione. Ma Grasso ha già fatto sapere che comporterebbe una clamorosa violazione dei regolamenti. Poi bisogna trovare una via molto traversa per rimettere mano alle norme con cui eleggere i senatori. Inventarsi una qualche forma di elezione diretta o semidiretta è fondamentale: il rischio di ritrovarsi sconfitti in aula è alto. Solo che bisogna farlo senza toccare l’art. 2, che altrimenti dovrebbe tornare alla Camera. La presidente Finocchiaro si sta scervellando per trovare una via d’uscita, ma il vicolo sembra cieco, l’idea di procedere per legge ordinaria è stata cassata, l’ipotesi di attaccare le norme a un altro articolo appare un po’ surreale.

Infine, bisogna trovare i numeri per avere la certezza di passare in aula senza che vengano approvati emendamenti tali da modificare l’impalcatura renziana della legge. La via maestra sarebbe trovare un accordo con i 25 senatori della minoranza Pd che chiedono numerose ma non esiziali modifiche. Ma Renzi spera anche in una mezza resurrezione del Nazareno, offrendo in cambio l’accordo di fatto concluso sulla Rai. Il capogruppo di Fi Romani è entusiasta dell’idea. Molti senatori sono con lui, ma molti altri no. Berlusconi è invece contrario, almeno lo era fino a ieri. Se lo resterà anche dopo la condanna lo si capirà prestissimo