Mentre l’Europa politica boccheggia, a poche settimane di distanza due creazioni riflettono in due diversi festival europei su temi politici cruciali, pur con intenzioni diverse. Si ispira a una consolidata tradizione di teatro civile Z di Minas Borboudakis, compositore greco di formazione tedesca, che ha diretto alla Reithalle per il festival della Bayerische Staatsoper la versione tedesca della sua pièce da camera – la parola opera è cautamente evitata – sull’assassinio politico di Grigoris Lambrakis, fatto di sangue del 1963 narrato da Vassili Vassilikos e poi nel film di Costa Gavras. Borboudakis e il librettista Hatziyannidis condensano il romanzo nell’azione di pochi personaggi-prototipo, alternando più piani: pianificazione dell’assassinio, indagini del magistrato (Ogulkan Yilmaz), intimidazioni del capo militare (Simon Bailey), dramma esistenziale della vedova ( Noa Beinhart, intensa nel canto in una parte che sullo schermo si affidava agli occhi indimenticabili di Irene Papas ), funerale, manifestazioni per Lambrakis, qui da subito identificato con Z e interpretato dall’attore Edmund Terlgenkämper, i cui retorici monologhi aprono e chiudono la pièce.

Kevin Barz crea un frenetico andirivieni su un lungo e stretto palcoscenico attraversato da tele per proiezioni video, che asseconda il flusso increspato della scrittura, spezzata a più riprese da scarti percussivi. Il pulviscolo microtonale rielaborato dall’elettronica si rapprende in dense fasce sonore, che evocano ora la Grecia dei tragici ora le cupe e violente sonorità urbane anni ’70. Al canto teso, spigoloso, sono affidate le meditazioni e gli accessi più violenti, alla recitazione restano la verità dei fatti, la memoria e il monito.

IBRIDANO invece dato politico-sociale, distopia fantascientifica e orizzonti spirituali gli israeliani Adam Maor e Yonatan Lévy in Les Milles Endormis, loro prima creazione operistica, atto unico da camera commissionato dal Festival di Aix-en-Provence e creato il 6 luglio al Théâtre du Jeux du Paume. Il libretto di Levy, da un suo racconto, parte dall’inaudita decisione di un ipotetico governo israeliano del futuro di indurre per sette anni il coma farmacologico in mille prigionieri palestinesi, onde tacitarne scioperi e proteste.

SULLA SCENA i prigionieri vegetano in tute arancioni, mentre il primo ministro (Tomasz Kumiega), il capo dei servizi di sicurezza ( David Salsbery Fry), una figura tenorile multipla ( Benjamin Alunni) e l’agente scelta Nourit (Gan-ya Ben Gur Askelrod ),dibattono sulle allarmanti notizie che descrivono fenomeni prodotti dai tunnel psichici scavati dai dormienti. Narrazione di forte valenza simbolico-allegorica, che descrive fenomeni come l’improvvisa padronanza dell’arabo da parte di bimbi israeliani e altri accadimenti inspiegabili. La soluzione scelta è l’invio di Nourit nel mondo «altro» del sonno indotto, dove l’infiltrata invece di contrastarli si unirà ai dormienti, aprendo uno spiraglio di amara speranza su un mondo parallelo, solo sognato, di concordia e pace.

LA PARTITURA, resa con precisione dall’ensemble Lucilin e da Elena Schwarz, è improntata a un continuo montaggio di linguaggi, specie nella scrittura vocale. Formatosi in ambito francese, Maor mette a frutto le ricerche sulla musica classica araba, i cui modi informano nel finale il melismatico canto di Nurit, mentre i personaggi maschili iterano l’articolata varietà di forme mutuate dalla tradizione dei cantor askenaziti, floridamente lirici ma più spesso stridenti e parodistici. Le due opere sono state a lungo applaudite dal pubblico.
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