Senza entrare nel dettaglio di quanto previsto dal decreto-legge Cura Italia, per le misure di sostegno sociale, interventi a garanzia della liquidità delle imprese agricole, misure per la promozione all’estero del settore agroalimentare, nonché l’incremento del Fondo per la distribuzione delle derrate alimentari, le risorse più abbondanti finiranno a sostegno dell’agricoltura industriale, in particolare quella che vive dentro la catena globale del valore dominata dalla finanziarizzazione dell’economia agricola, cioè un numero ristrettissimo di imprese. Sono imprese che esercitano un imponente potere di mercato condizionando i prezzi delle produzioni pagate all’aziende agricole. Hanno una forte capacità di condizionare le organizzazioni professionali agricole, le forze di governo (e dell’opposizione).

Ari (Associazione rurale italiana), e molte altre organizzazioni di piccoli produttori o di cittadinanza attiva (economia solidale, Gas, volontariato, etc) avevano fin dall’inizio della crisi indicato richieste, necessità, proposte e organizzato soluzioni centrate sull’importanza strategica della produzione locale e decentrata di cibo. Hanno ripetutamente segnalato la debolezza strutturale dell’agroindustria e delle filiere fortemente verticalizzate (latte e carne) a cui però è stata delegata completamente la funzione di approvvigionamento alimentare – insieme alla Gdo – del mercato interno, espandendo così i consumatori, ed in particolare le fasce più povere – al ricatto di prezzi crescenti o qualità decrescente dei prodotti alimentari (discount).

Non è la prima volta che siamo chiamati a resistere. La nostra casa sono i campi, le stalle, le serre, i pascoli che ci appartengono o che lavoriamo per altri magari vivendo in ghetti dentro baracche fatte di lamiere e speranze.

Questo è il nostro modo di stare in casa, lavorando per riempire il piatto di tutti, rifiutando la carità di chi ci vuole eternamente assistiti, forti della solidarietà che il 17 aprile ci viene testimoniata in ogni parte del mondo. Andrà tutto bene se le politiche pubbliche, democratizzando la rappresentanza agricola, saranno capaci di guardare all’agricoltura contadina come une risorsa e non come un fardello da colonizzare, all’agroecologia come il modello più appropriato per dare un cibo di qualità a tutti, anche chi è in povertà. Ai lavoratori dei campi come uno dei pilastri della società e non come polli da ammassare a migliaia senza protezione nell’aeroporto di Cluj (Romania) o nei barconi nel mediterraneo.

Per il nostro 17 aprile un ricordo fraterno va a Giovanni Biondo – Nanny per gli amici – che è stato schiacciato da un grosso ramo mentre potava un albero il 7 gennaio a Custanaci. Sognava di fare il giardiniere e magari impiantare un frutteto. È morto per guadagnare 10 euro.

* Associazione Rurale Italiana, membro del Coordinamento europeo Via Campesina