La suprema Corte Costituzionale, in una nota per la stampa del 9 luglio 2020, si è pronunciata sui profili di legittimità costituzionale sollevati da alcuni Tribunali (Milano, Ancona e Salerno) sulla disposizione che preclude l’iscrizione anagrafica degli stranieri richiedenti asilo. Si tratta di dispositivi normativi, introdotti dal primo «Decreto sicurezza» (dl n. 113 del 2018), poi convertito in legge.

La Corte, pur non ravvisando contrasti sui requisiti di necessità e di urgenza (art.77 della Costituzione), ha censurato la disposizione (per violazione dell’art. 3 della Costituzione) dichiarandone l’incostituzionalità sotto un duplice profilo: per irrazionalità intrinseca (non agevola il perseguimento delle finalità di controllo del territorio); per irragionevole disparità di trattamento (rende ingiustificatamente più difficile ai richiedenti asilo l’accesso ai servizi).

Profili di incostituzionalità sono stati sollevati anche su altri aspetti dell’orientamento complessivo promosso dall’ex Ministro Salvini (con entrambi i decreti sicurezza), che il recente decreto n. 130/2020, attualmente in attesa di conversione, ha evidenziato apportando alcuni aggiustamenti, senza tuttavia stravolgerne l’impianto, né depotenziandone significativamente gli indirizzi securitari e disciplinanti.

IL TEMA DELLA REGOLAZIONE dei processi differenziali di inclusione sociale, la declinazione situata dell’appartenenza (subalterna) alla comunità politica e dell’accesso (precarizzato) ai diritti sociali, a partire dalle prospettive analitiche basate sulla residenza, sono stati ampiamente disvelati anche dagli effetti escludenti delle misure governative adottate per contrastare l’emergenza sanitaria in corso.

Tali temi sono affrontati da Enrico Gargiulo nel suo recente volume Appartenenze precarie. La residenza tra inclusione ed esclusione (Utet, pp. 240, euro 19), che mostra, in particolare, la funzione di controllo dell’istituto della residenza, agita dallo stato moderno come strumento burocratico-amministrativo di sorveglianza delle popolazioni presenti sul territorio. Un dispositivo di controllo e, dunque, non uno strumento di accesso ai diritti sociali di cittadinanza.

Negli ultimi anni la sua funzione securitaria è stata resa più evidente dalle decretazioni d’urgenza e dalle misure sulla sicurezza che il management migratorio multilivello ha adottato. Si tratta, tuttavia, di una postura che agisce da lungo periodo e che spiega l’apparente paradosso (non solo italiano, a dire il vero) che assegna al Ministero dell’interno la competenza per la (pessima) declinazione delle politiche per le migrazioni e per i migranti.

Le misure adottate nei confronti della componente straniera, ma anche per quella povera, si mostrano nella loro potenza afflittiva e punitiva: si pensi ad esempio all’istituzione delle vie fittizie per i senza-fissa-dimora e al famigerato «decreto-Lupi» che, tra le altre cose, impedisce l’elezione di residenza nelle occupazioni ad uso abitativo.

NEGLI ULTIMI ANNI, intorno all’istituto giuridico della residenza anagrafica, si è configurato un campo di tensione che, in diversi contesti locali, ha incorporato nel dispositivo di monitoraggio e controllo della popolazione la funzione di disciplinamento e di selezione nell’accesso ai diritti sociali. Le azioni di governo praticate da numerose amministrazioni locali di cui l’autore fa ampia e ragionata rassegna, infatti, sono espressione di precise volontà, cattive e ciniche, di scegliere quali segmenti di popolazione escludere dalla residenza e, quindi, di selezionarli nell’accesso ai benefici.

Negare la residenza, adottare particolari criteri selettivi, talvolta illogici o persino impossibili da certificare – come per le misure comunali anticovid, ma anche per il «reddito di cittadinanza» – nell’accesso ai servizi territoriali configura – come sostenuto in Appartenenze precarie – nuove contraddizioni dello strumento anagrafico, evidenziandone la natura di dispositivo securitario e, al contempo, di canale di accesso stratificato a diritti e prestazioni.

Questioni che ci paiono particolarmente interessanti sia sul piano politico sia su quello della riflessione critica che interroga i regimi migratori ed i processi di ri-configurazione, muscolare e securitaria, dei confini esterni e di invisibilizzazione e informalizzazione dei processi di confinamento interno.