Il ritorno degli Agnelli sul pianeta dei media. Potrebbe essere questo il titolo dell’evento politico editoriale che si sta celebrando in queste ore con il passaggio della Gedi, (editore assai indebitato di Repubblica, Espresso e giornali locali), alla Exor, la cassaforte della famiglia Agnelli-Elkann. Il sottotitolo potrebbe essere: Carlo De Benedetti è «nudo». Si è fatto strappare dalle mani dei figli e poi degli Agnelli il suo gioiello, acquisito da Eugenio Scalfari e Lucio Caracciolo all’inizio degli anni ‘90.

COME HANNO RACCONTATO le cronache di questi ultimi giorni, Carlo De Benedetti aveva offerto ai figli di riacquisire il controllo del gruppo proprio per evitare l’arrivo degli Agnelli. Ma i figli hanno preferito fare il colpaccio con John Elkann e così si è arrivati all’imprevedibile cessione. «Visto che Exor controlla al 100% soltanto la Juventus – commenta con una battuta un vecchio esponente della sinistra – è come se la Juventus avesse comprato la Repubblica».

Ma torniamo per un attimo alle cifre dell’operazione. Exor ha siglato con Cir l’accordo per rilevare il 43,78% di Gedi a 0,46 euro per azione con un esborso di 102,4 milioni. Al termine dell’operazione da realizzare con una società di nuova costituzione verrà lanciata un’opa allo stesso prezzo. Cir reinvestirà nella nuova società per una quota pari al 5% di Gedi.

Sono questi i dettagli dell’operazione che, superati i passaggi relativi alle necessarie autorizzazioni delle autorità (Antitrust, Agcom e Commissione Europea) vedrà nel primo quadrimestre del 2020 il passaggio del controllo del gruppo. Dopo l’acquisto del Corriere della sera da parte di Urbano Cairo e il ritorno degli Agnelli in un quotidiano leader i vecchi equilibri nel mondo della stampa sono completamente sconvolti. Mentre una volta si poteva dire che il Corsera era nelle mani dei poteri forti oggi avviene il contrario: la Repubblica è finita nelle mani del più importante gruppo industriale italiano, mentre il Corsera è nelle mani di un editore.

SONO PASSATI QUASI quarant’anni da quando Enrico Cuccia, dominus di Mediobanca fino al 2000, per evitare che il Corriere della sera finisse in mani poco affidabili decise di togliere il quotidiano dall’amministrazione controllata, acquistando una quota consistente di Rcs e “ordinò” all’avvocato Gianni Agnelli di acquisire la restante parte del capitale dell’impero editoriale che fino a quel momento era stato prigioniero della P2 di Licio Gelli e della sua longa manus in via Solferino, Bruno Tassan Din.

E sono passati 3 anni da quando la Fiat, guidata da Sergio Marchionne, prese la clamorosa decisione di vendere lo storico Corriere della Sera e tutto il gruppo Rcs a Urbano Cairo. Allora Marchionne spiegò agli operatori e agli investitori italiani e internazionali che la Fiat aveva fatto quella scelta allo scopo di abbandonare i settori che non erano nel core business e di dedicarsi interamente al settore automobilistico. Così avvenne con la vendita di Rcs, la “fuga” negli Stati Uniti, l’alleanza con la Chrysler e la nascita di Fca. Ma poi, una volta concluso il lungo e accidentato percorso statunitense, John Elkann, vero erede di Gianni Agnelli alla guida del grande gruppo torinese, ha preso una decisione imprevedibile e con implicazioni politiche: nel giro di poco tempo ha messo a segno l’acquisizione del quotidiano la Repubblica, da sempre concorrente del moderato Corriere della Sera e da sempre sostenitore dei governi di centro sinistra e in particolare del Partito democratico.

I GENTLEMEN AGREEMENT che stanno celebrando il passaggio di mano dai De Benedetti agli Agnelli sono ancora caldi ma c’è già qualche malizioso a sostenere che la clamorosa decisione degli Agnelli abbia qualcosa a che fare con il tracollo della 500 registrato lo scorso anno nelle vendite statunitensi e con il cattivo andamento del settore auto. Gli Agnelli, in sostanza, in previsione di una possibile fusione con la Peugeot, che potrebbe portare con sé esuberi di personale, e in previsione di un forte calo del settore automobilistico già in atto da tempo avrebbero bisogno in patria di un potente supporto editoriale che faccia da sponda a possibili conflitti sociali. Il quotidiano la Stampa non basta.

CERTO – COMMENTANO dall’interno – per Repubblica avere un azionista di controllo come gli Agnelli e la Fca è molto più imbarazzante che avere come azionista di riferimento la famiglia De Benedetti. Un giornalista che preferisce l’anonimato esprime a bassa voce una preoccupazione di molti: «Sai com’è, gli Agnelli, a differenza dei De Benedetti, sono portatori di interessi economici e finanziari piuttosto pesanti. E nell’azionariato non ci saranno neanche i contrappesi tra i diversi azionisti che c’erano ad esempio nel Corriere della Sera. Ci sarà un solo azionista. Non bisogna dimenticare che la Repubblica fu fondata nel 1976 da Eugenio Scalfari come quotidiano di riferimento di quel popolo di sinistra che aveva portato il Pci al sorpasso della Dc. Cosa diventerà domani? Siamo in molti a farci questa domanda».

Per il momento il presidente e amministratore delegato di Exor si è limitato a dichiarazioni di rito: «Con questa operazione ci impegniamo in un progetto imprenditoriale rigoroso, per accompagnare Gedi ad affrontare le sfide del futuro. Siamo convinti che il giornalismo di qualità ha un grande futuro, se saprà coniugare autorevolezza, professionalità e indipendenza con le esigenze dei lettori, di oggi e di domani».

INTANTO LA REDAZIONE di Repubblica ha messo le mani avanti, sapendo che sul piano editoriale l’era De Benedetti ha garantito autonomia ma su quello sindacale non è stata delle più felici: «I giornalisti di Repubblica si impegnano a difendere i valori, la storia e l’identità del giornale, sia durante sia dopo il perfezionamento del nuovo assetto proprietario. Accolgono e sostengono la volontà espressa dal direttore, Carlo Verdelli, di farsi garante di questi valori insieme alla redazione. Inoltre, ribadiscono sin d’ora che riterranno irricevibile qualsiasi ulteriore intervento sul costo del lavoro e sui livelli occupazionali, così come eventuali modifiche al perimetro di Repubblica».