L’analisi è di quelle che potrebbe far tremare i polsi: Hedi Slimane, Alber Elbaz, Riccardo Tisci, Frida Giannini e Stefano Pilati sono senza lavoro. Il primo ha retto Yves Saint Laurent per tre anni, riportandolo a un successo astronomico di critica e di fatturati e, pare per contrasti con la proprietà sul rinnovo contrattuale, ha lasciato tutto provocando la delusione generale dei fan e dei primi detrattori diventati suoi sostenitori ultrà proprio prima dell’addio. I quali si sono affrettati a darlo in forze da Chanel al posto dell’ultra ottuagenario Karl Lagerfeld, ma i quasi 18 mesi passati invano fanno sfumare questa ipotesi. Elbaz viene considerato uno dei più grandi creativi della generazione dei quasi sessantenni, ma sono ormai due anni che la proprietà di Lanvin gli ha chiesto di lasciare e altrettanti che non ha un’occupazione. Dopo essere stato 12 anni da Givenchy, i rumors del settore davano l’arrivo di Tisci da Versace in tandem con Donatella Versace, ma l’evento non si è verificato ed è già passato quasi un anno di disoccupazione. Di Giannini, che è stata direttore creativo di Gucci per 10 anni, da due anni non si sa nulla mentre di Pilati, dopo cinque anni di Saint Laurent e una biennale collaborazione con Zegna, si sa soltanto ora, dopo un anno e mezzo, che vorrebbe lanciare una propria linea da vendere soltanto su shopping on line.

La cosa appare grave perché, nella crisi generale di occupazione che ha colpito anche questo settore, se non trovano lavoro questi che sono considerati dei fuoriclasse, le speranze per tutti gli altri addetti, creativi o amministrativi, diminuiscono di molto. Ma in questo caso c’è qualcosa di più. La regola non scritta del successo pretende la presenza continua. Non sono ammessi distacchi o anni sabbatici. È valida soltanto la performance continua, la prestazione senza sosta, la continuità a prescindere. L’assenza è sinonimo di inattività, di esaurimento e, quindi, di fallimento. È una regola che vale anche nella moda dove gli attori sotto i riflettori sono i direttori creativi che reggono le sorti dei marchi milionari.
Ai quali vengono richiesti risultati concreti e continui: quattro collezioni stagionali all’anno, due per la donna e due per l’uomo, due pre-collezioni o collezioni cuise (che anticipano quelle che tre mesi dopo vengono presentate nelle sfilate), collezioni di accessori e, se la Maiosn le prevede, due collezioni di haute couture.

In media, un direttore creativo prepara otto collezioni all’anno e le relative campagne pubblicitarie (l’immagine controllata) e gli va bene se non viene coinvolto nel disegno dei negozi e nelle strategie dei prodotti di bellezza e dei profumi. Un lavoro immane e con ritmi spietati che viene ricompensato molto lautamente, anche 12 milioni di euro all’anno, se il fatturato dell’azienda lo permette. Il mondo della moda è crudele, vive una pausa come una condanna, dimentica presto ed è ossessionato da un’ansia di successo che si pretende nasca per partenogenesi, senza la necessità di essere fecondato dallo studio e dal tempo. Eppure, in passato proprio Slimane ha dimostrato che non è così. Lasciato Dior Homme nel 2006 perché la reputava una storia esaurita, per sei anni si è tenuto lontano dalla moda e ha fatto il fotografo di professione con ottimi risultati. Arrivato nel 2012 da Saint Laurent ha dimostrato di aver elaborato una maturità creativa che forse non avrebbe raggiunto se fosse rimasto a raccogliere applausi che, per lui, si erano svuotati di senso.

manifashion.ciavarella@gmail.com