Notte del 29 dicembre 2023: il Consiglio regionale abruzzese discute la legge di bilancio. I voti si susseguono. Alle 2,30 arriva all’esame un emendamento di 5 consiglieri della maggioranza di centrodestra, primo firmatario Emiliano Di Matteo di Forza Italia. Senza nessuna discussione, la maggioranza lo approva, con l’astensione dei consiglieri Pd presenti in aula e il voto contrario del M5S: in poco più di 2 minuti la Riserva regionale del Borsacchio a Roseto degli Abruzzi, in provincia di Teramo, passa da oltre 1.100 a soli 24 ettari! Viene così cancellato il 98% di una riserva nata nel 2005 per tutelare uno dei rari tratti di costa e di fascia collinare scampato alla cementificazione e che nell’estate del 2023 per la prima volta ha ospitato una nidificazione di tartaruga marina. Un gravissimo attacco al sistema delle aree protette abruzzesi con un precedente: nel 2021 sempre la maggioranza del Presidente regionale Marco Marsilio aveva provato a tagliare 7.000 ettari del Parco Sirente-Velino, sollevando la reazione delle associazioni e riportando una bocciatura da parte della Corte costituzionale che ha dichiarato incostituzionale la legge taglia-parco.

ANCHE QUESTA VOLTA LA REAZIONE DI ASSOCIAZIONI, comitati e cittadini non si è fatta attendere. La mobilitazione per la salvaguardia della Riserva ha raccolto 3.500 firme in banchetti organizzati nel fine settimana del 6 e 7 gennaio proprio a Roseto e ad oggi hanno aderito oltre 50 organizzazioni locali e regionali, prima fra tutte le Guide del Borsacchio, volontari che da anni, gratuitamente, sono impegnati nella valorizzazione della riserva. Docenti e ricercatori di Scienze Ambientali dell’Università degli Studi dell’Aquila hanno redatto e firmato un documento nel quale si esprime preoccupazione per il drastico taglio «effettuato senza alcuna preventiva valutazione di natura tecnico-scientifica che ne corroborasse la necessità e l’opportunità, anche in relazione agli impatti sugli obiettivi di tutela della biodiversità nazionali e comunitari e previsti dal quadro di riferimento globale dell’Agenda 2030 dell’Onu», sottolineando come la nuova perimetrazione escluda dalla riserva tutta la fascia collinare che, «pur essendo in buona parte utilizzata a fini agricoli (seminativi, oliveti e vigneti), include anche habitat di elevato valore ecologico e di interesse comunitario, come riportato nella Carta della Natura redatta dall’Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione Ambientale».

CONTRARIETÀ È STATA ESPRESSA ANCHE da organizzazioni di categoria come FederPATE Confesercenti Abruzzo, Abruzzo BnB e Legacoop, e dai sindacati Cgil e Usb. Come osserva Filomena Ricci, delegata regionale del Wwf, «le riserve regionali in Abruzzo hanno storicamente rappresentano un’occasione di valorizzazione per i comuni che le ospitano, oltre che di tutela ambientale. Se ben amministrate e gestite, sono un modello di sviluppo socioeconomico sostenibile che coniuga conservazione e crescita del territorio anche grazie alla possibilità di intercettare finanziamenti nazionali ed europei legati alla sostenibilità ambientale». In questo quadro emerge chiara l’infondatezza della tesi dei consiglieri regionali firmatari dell’emendamento taglia-riserva: la cancellazione dell’area protetta servirebbe a consentire agli agricoltori di coltivare i propri campi. Una «balla colossale», come l’hanno definita le associazioni impegnate a difesa della Riserva, perché vorrebbe lasciar intendere che fino ad oggi sarebbe stato vietato coltivare la terra. Eppure, dei legislatori regionali dovrebbero sapere che non esiste alcun vincolo normativo generale che possa vietare l’esercizio di attività agrosilvopastorale nelle aree naturali protette. Attualmente, per responsabilità della Regione che in quasi 20 anni non ha approvato il Pan, Piano di Assetto Naturalistico che regola la pianificazione nelle riserve, nella Riserva del Borsacchio vigono le norme transitorie di salvaguardia previste dall’art. 8 della legge regionale sulle aree protette. Si tratta di norme più restrittive del Pan, ma che comunque fanno salvi i diritti reali e gli usi civici, nonché le disposizioni del Piano paesistico regionale e degli strumenti urbanistici vigenti, oltre a stabilire che, fino all’approvazione del Pan, «le attività pascolive, agricole e forestali … continueranno ad essere esercitate secondo le abitudini consolidate degli abitanti del luogo nel rispetto delle prescrizioni della normativa vigente».

MA DEL RESTO È SUFFICIENTE FARSI UN GIRO nella Riserva del Borsacchio, come in qualsiasi altra riserva regionale abruzzese, per vedere come l’agricoltura sia tranquillamente praticata. Va poi registrata anche la reazione delle istituzioni locali, ad iniziare dall’Amministrazione Comunale di Roseto degli Abruzzi, incredibilmente tenuta all’oscuro della proposta di taglio, nonostante la Riserva sia tutta nel suo territorio. Il Comune ha convocato anche un consiglio comunale urgente per domani, lamentando, oltre che il danno ambientale, anche vizi procedurali e amministrativi. Il 27 dicembre, infatti, gli uffici di Comune e Regione avevano finito di esaminare tutte le osservazioni giunte sul Pan per cui è ingiustificabile che dopo due giorni dalla conclusione di un iter lungo e complesso, cinque consiglieri regionali di maggioranza (nessuno del Comune in cui si trova l’area protetta) abbiano presentato un emendamento per cancellare la Riserva del Borsacchio, sconfessando nei fatti il lavoro svolto dagli uffici del proprio assessorato regionale. Come andrà a finire questa vicenda è ancora tutto da vedere. Sicuramente l’atto che ha cancellato la Riserva presenta molteplici problemi legali che rischiano di protrarre una situazione di stallo gestionale che non farà bene a nessuno. La politica però può ancora ritornare al perimetro originario, approvare definitivamente il Pan e nominare un Comitato di gestione della Riserva. La domanda è: prevarranno il buon senso e il diritto o l’ideologia anti-parco?