Il 2013, sulla scia di due ricorrenze propizie, invita a riflettere intorno alle radici classiche dell’Europa, attanagliata dalla crisi identitaria seguita al collasso del secolo breve. Il bimillenario della morte di Augusto, il divo laico che ha teorizzato il sistema politico grazie al quale trovò coesione l’Impero al suo apogeo, verrà commemorato il prossimo ottobre da un evento senza precedenti alle Scuderie del Quirinale. Costantino, che con una svolta assolutistica inaugurò lo spartiacque del Tardo-antico, trainando la romanità in un Medioevo meno mediterraneo e più europeo, è sugli scudi da ottobre, quando fu inaugurata, presso il Palazzo Reale meneghino, la mostra Costantino 313 d. C. (www.mostracostantino.it).
L’esposizione, progettata dal museo Diocesano di Milano e curata da Gemma Sena Chiesa e Paolo Biscottini, è approdata al secondo anello del Colosseo. La impreziosisce una sezione originale dedicata all’Urbe, su idea di Mariarosaria Barbera, soprintendente per i beni archeologici di Roma e autrice dei recenti scavi che, nell’area di S. Croce in Gerusalemme, hanno aperto una finestra inedita sull’età costantiniana.

Affetto da «gigantismo»
Nell’Anfiteatro Flavio, luogo archetipico della martirologia, saranno celebrati fino al 15 settembre i 1700 anni dell’Editto di Milano: il documento che concesse la libertà di culto ai cristiani, ancora sconvolti dalle repressioni di Diocleziano. Era stato Galerio, il 30 aprile 311, nell’attuale Sofia, a promulgare l’attesa disposizione che, l’anno successivo, i due Augusti, Licinio in Oriente e Costantino in Occidente, si limitarono a ratificare da Mediolanum con una missiva indirizzata al governatore della Bitinia.
Il cruciale testo dell’Editto di Tolleranza giganteggia all’inizio del percorso espositivo, introducendo i volti dei protagonisti di tale rivoluzione religiosa. Spicca una statua seduta di Elena, i cui lineamenti sono stati rilavorati su un marmo greco di età antonina, accompagnata da figure femminili caratterizzate da elaborate acconciature a bande ondulate sulla fronte. Conclude la galleria di ritratti Costantino, l’autocrate che volle soprastare ogni suo predecessore. Da qui, la predilezione per il gigantismo, come palesano i calchi in gesso dei frammenti del colosso bronzeo dell’imperatore conservati nei musei Capitolini: la mano sinistra che sorregge un globo e la testa, alta quasi 2 metri. Colpisce lo sguardo ammaliante, profondo e immobile: Flavio Valerio Costantino – bono generi humani creatus – si vedeva procreato per il bene del genere umano.
Conversione sincera, suggellata dal battesimo in punto di morte del peccatore che aveva ucciso un figlio, o ipocrita realpolitik, alla ricerca di un instrumentum regni al passo con i tempi, certo è che le vicende legate alla battaglia di Ponte Milvio segnarono una netta cesura nella storia antica. Il 28 ottobre del 312, Costantino sconfisse l’usurpatore Massenzio nei prati tra il Tevere e la via Flaminia. Il giorno precedente, lo racconta Eusebio di Cesarea, i suoi occhi profondi e immobili avevano avuto una visione: una croce di luce si era frapposta tra loro e il sole, accompagnata da lettere greche tradotte in latino con la massima in hoc signo vinces.

L’emblema scelto da Costantino per celebrare il trionfo, logo semplice quanto efficace, fu il chrismòn, monogramma costituito dalla sovrapposizione delle prime due lettere greche del nome di Cristo, X (chi) e P (rho): segni grafici che riprendevano una simbologia solare invalsa presso gli adepti del Sol Invictus, che onoravano il proprio dio il 25 dicembre. Grazie all’esercito vincitore, il chrismòn si diffuse velocemente in tutto l’Impero. È questo uno dei leitmotiv della mostra, la cui parte migliore, tuttavia, coincide con la bonus track riservata a Roma.
Straordinaria la forza evocativa delle punte di quattro lance da parata e di quattro portastendardi e dei tre scettri, con raffinati globi di vetro verde e calcedonio, rinvenuti nel 2005 da Clementina Panella alle pendici nord-orientali del Palatino. Le analisi rendono plausibile la più affascinante delle ipotesi: si tratterebbe delle insegne di Massenzio, avvolte nella seta e nascoste in custodie di legno, all’interno di una fossa, affinché non cadessero nelle mani di Costantino, che aveva fatto decapitare il rivale prima di gettare il suo cadavere nel Tevere.
Notevoli anche i reperti rinvenuti alle spalle di S. Croce in Gerusalemme, dove nel III secolo era stato costruito il cosiddetto Palazzo del Sessorio. La villa fu scelta come residenza da Elena, luogotenente nella metropoli del figlio che, in 31 anni di regno, vi risiedette appena pochi mesi. Le decorazioni architettoniche e le ceramiche in catalogo testimoniano, nella loro quotidianità, la diffusione del cristianesimo: un mattone bipedale reca impresso un pesce stilizzato – ideogramma dall’acronimo greco di Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore -; bolli laterizi sono segnati con un chrismòn.
Dal retrogusto pagano, al contrario, il tesoretto rinvenuto nel 2007 in un edificio presso la via Laurentina. Delle 49 monete, 8 sono state coniate dalla zecca di Roma, nel 313 d. C.: l’effige di Costantino è abbinata alla legenda Soli Invicto.
La scoperta più recente, risalente al passato luglio, spetta all’Università di Tor Vergata. Tra i corredi femminili individuati in una tomba della basilica di papa Marco sulla via Ardeatina, databili tra fine IV e metà V secolo, si segnala una collana con fermaglio a disco in lamina d’oro lavorato a giorno, con un chrismòn tra le lettere alfa e omega.

Gli oltre duecento pezzi esibiti al Colosseo provengono da musei italiani e europei: Vienna; Parigi; York; Treviri, Colonia e Mainz; Budapest; Zajecar e Novi Sad (Serbia); Celje (Slovenia). Non tanto le sculture e i rilievi, quanto i pannelli didascalici, poco propensi a raccontare il Costantino profano, e l’attenzione privilegiata sulla diffusione nel continente di oggetti religiosi, dalla croce trionfale alle fibule a croce, fino al chrismòn – una carta tematica ne evidenzia il successo, dalla Britannia ai Balcani -, vogliono documentare un’Europa che costruisce la sua fisionomia geostorica grazie al collante del cristianesimo. Di siffatto processo, un conciliante Costantino sarebbe il principale artefice, secondo un’interpretazione che ha suscitato le polemiche, tra gli altri, del rabbino capo Riccardo di Segni.

Biopic da riordinare
L’attitudine liberale dei romani, de facto, iniziò a declinare proprio a partire dall’atto legislativo che i curatori milanesi identificano con l’inizio di un’aurea Età della Tolleranza. Estrema conseguenza del nuovo ordine fu l’Editto di Teodosio che a Tessalonica, nel 380, proibì i riti non cristiani in tutte le province di un Impero che mai, in precedenza, si era riconosciuto in una religione di Stato.
Bastano pochi dati per capire la complessità innovativa della geografia costantiniana. L’Augusto nacque nel 274 a Naissus, la moderna Niš, in Serbia. A Eburacum, la York inglese, fu acclamato imperatore dalle truppe del padre; ad Arles sposò Fausta; morì nel 337 a Nicomedia, vicino a Costantinopoli, la seconda Roma che aveva fondato sul Bosforo, secondo i riti pagani della tradizione, l’11 maggio del 330 d.C.
Con la sconfitta di Massenzio, anche il baricentro dell’Italia si spostò a nord, dove assurse al rango di capitale Milano (interessante la app sulla città scaricabile gratuitamente dal sito) e sbocciò Aquileia, con cui la mostra si conclude, insieme a una panoramica sui monumenti costantiniani di Roma, con una ricostruzione in computer grafica dell’arco onorario ai piedi del Colosseo.
Il catalogo (18 euro) è stato realizzato dalla casa editrice Electa, a cura di Mariarosaria Barbera. Si consiglia una lettura degli interventi della stessa soprintendente (Costantino e Roma) e dell’epigrafista Gian Luca Gregori (Costantino nell’epigrafia di Roma). Ai due studiosi tocca l’onere di rimettere ordine scientifico tra le pillole indorate di un biopic su Costantino inchiodato al 313 d. C.
Anche nel 2012, la mostra storica più visitata a Roma, organizzata quella volta nei musei Capitolini, concedeva alla chiesa l’occasione di narrare, dal proprio punto di vista, il passato del Vecchio Continente. Lux in Arcana, tra i 100 documenti dell’Archivio segreto Vaticano esibiti in anteprima sul Campidoglio, non mancava di presentare al pubblico la donazione di Costantino: il falso attestato di origine del potere temporale dei papi, esecrato già nel XIX canto dell’Inferno da Dante, che lo credeva genuino.
Il filologo Lorenzo Valla, che nel 1440 ne svelò la contraffazione, sottopose al vaglio sottile dell’intelletto umano anche uno scritto attribuito a Costantino il Grande, santo e simile agli apostoli – isapostolos – per la Chiesa d’Oriente, figlio di Sant’Elena, la scopritrice della vera croce. Nasce così l’umanesimo: la laicità e una storiografia lucida, dal principio, ne sono i capisaldi.