Le giacche in satin che lasciavano scoperto l’ombelico della Raffa nazionale, l’abito con lunghissimo strascico nero indossato da Mina negli spot Barilla diretti da Piero Gherardi. E poi le salopette di Heather Parisi, gli eleganti costumi di scena di Milva e Patty Pravo a Canzonissima. C’è tutto il glamour che il piccolo schermo sapeva sprigionare negli anni 60 ad accogliere il visitatore all’ingresso del Vittoriano dove è ospitata la mostra 1924-2014. La Rai racconta l’Italia – che apre oggi al pubblico fino al 30 marzo per poi spostarsi dal 29 aprile al 15 giugno alla Triennale di Milano. A cura di Costanza Esclapon, Alessandro Nicosia e Barbara Scaramucci, ha il compito (pesante) di celebrare sessant’anni di storia televisiva e ottanta radiofonici, proprio nei tempi in cui tutti i media – e la televisione in primis – sono costretti a pesanti cambiamenti, di impostazioni e soprattutto di linguaggio, per tener testa all’avanzare della rete e dei social network.

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L’esposizione prova una via di mezzo: preminente è l’aspetto storico e celebrativo ma si cerca di farlo interagire con il vorticoso mutare del presente. L’obiettivo – spiegano i curatori: «È raccontare la storia di un’istituzione e contemporaneamente la storia del nostro immaginario collettivo, attraverso i simboli che tutti riconosciamo, i programmi che abbiamo seguito, i volti che ci hanno tenuto compagnia e le pagine di storia che abbiamo condiviso».

E su questo si concentrano gli sforzi per mettere a punto, nelle quattordici sezioni tematiche di cui si compone la mostra, i vari tasselli di una fabbrica di storie e immagini non sempre in sintonia con il paese. Una parte fondamentale la gioca la sezione Teche diretta da Barbara Scaramucci (il cui «avatar» appare a inizio percorso a introdurre l’esposizione), artefice di recente dell’archivio in digitale online di tutte le annate del Radiocorriere tv – che ha fornito pezzi di antologia del varietà e tante tracce audio radiofoniche salvate dall’oblio. Scorrono in video volti e voci, dai bambini di Bien Hoa a Sergio Zavoli, passando per il Caso Moro fino all’intervista a Buscetta di Enzo Biagi. E poi Andrea Camilleri a ripercorrere la cultura nelle sue varie forme, la storia in pillole di Correva l’anno, l’arte, per poi tuffarsi dentro un video tratto da Fantastico 86 dove Grillo – qualche taglia fa – invece di arringare la folla si produceva in un più innocuo (e divertente) rockabilly.

La sezione dedicata alla radio – c’è anche la colonnina con un cimelio, l’Uccellino dei programmi radiofonici, gioca sull’interattività: nove postazioni tematiche con altrettanti touch screen divise per argomenti dove da un passato remoto e recente riemergono voci, fermandonel tempo date indelebili. Dall’impostato speaker del radiogiornale che annuncia l’assassinio di Kennedy, a una giovane Franca Valeri nei cinquanta esilarante «signorina Snob», passando per i documentari di Arnaldo Plateroti e il racconto di un’Italia che da contadina diviene operaia. In una sala la ricostruzione di un set Rai, con strumenti e apparati originali (televisori da salotto con proiettore sul retro, un rullo per i titoli funzionanti). E, in chiusura, una memorabilia per intenditori: i bozzetti originali dei costumi di Giovanna, La Nonna del corsaro nero, sceneggiato per la tv dei ragazzi di cui (quasi) tutte le registrazioni sono andate smarrite.