Facciamo finta che sia stato istituito un premio per il miglior padiglione Expo 2015. Se così fosse, da parte nostra andrebbe a chi ha pensato e realizzato lo spazio della Svizzera. Si chiama Confooderatio Helvetica, e si basa su quattro torri dedicate ciascuna ad acqua, caffè, sale, mele. Ogni torre è colma di tali materie prime e loro derivati. Il visitatore può prendere ciò che vuole senza nulla dover pagare. Ma via via che le quattro torri si svuotano di cibo, il livello delle piattaforme su cui poggiano si abbassa, e l’aspetto del padiglione si modifica.

Nello specifico: attenzione perché state dimenticando i visitatori che verranno dopo di voi, state pensando soltanto a soddisfare la vostra pancia. Uscendo dallo specifico per ampliare il discorso: guardate al mondo e riflettete sulla scarsità del cibo, sugli squilibri alimentari del pianeta, sulle disparità nella distribuzione delle risorse alimentari. I sinceri complimenti agli artefici dell’opera attenuano il loro calore quando si entra negli spazi di Casa Svizzera e si visita l’Esposizione Scientifica Nestlé. Si, proprio lei, la multinazionale al centro di infiniti scandali alimentari. Frammento dalla presentazione della mostra «L’esposizione interattiva di Nestlé» parte con la narrazione dei primi mille giorni di vita di un essere umano.

Un periodo fondamentale, quello dalla nascita al secondo anno di età, per il corretto sviluppo del corpo e del cervello, in cui la nutrizione gioca un ruolo centrale nella salute del feto e della madre». È la classica zappa sui piedi, se si pensa che il colosso, fin dagli anni ’70 del secolo scorso, è stato messo più volte sotto accusa per la fornitura gratuita agli ospedali del Terzo Mondo di latte in polvere. Tale sostanza, secondo l’UNICEF, porterebbe alla morte di circa un milione e mezzo di bambini ogni anno, legata a problemi di sterilizzazione dell’acqua e dei biberon, che accrescono il rischio di mortalità post-neonatale rispetto all’allattamento naturale. Nel 1981, l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) adottò l’International Code of Marketing of Breast-milk Substitutes, regolamento internazionale sulla promozione di surrogati del latte materno, legalmente non vincolante.

A dispetto dell’adesione nel 1982, successivi controlli verificarono che la Nestlé si era resa autrice di numerose violazioni. Un test effettuato da Greenpeace nel 2004 rilevò la presenza di OGM in una confezione di Nesquick. Nel 2005, l’azienda si oppose alla decisione della Svizzera di bandire gli OGM. Nel 2009, in Italia, alcuni accertamenti portarono alla scoperta di tracce di inchiostro Itx, usato per le confezioni Tetrapack, nel latte per bambini Nidina 2. La Nestlè e le Tetrapack furono condannate.
Altra condanna, aprile 2015, per «Falsità nell’analisi dei campioni dell’acqua Nestlé – Vera», attinta dal bacino del comune di Santo Stefano Quisquina, Agrigento, da anni in lotta perché la multinazionale mette a rischio la capacità idrica locale. Dulcis in fundo, la denuncia ufficiale dell’industria, nel 2005, per traffico di minori dal Mali alla Costa d’Avorio: circa trecentomila, ridotti in schiavitù nelle piantagioni di cacao, 12/14 ore di lavoro al giorno. Il padiglione svizzero non crollerà certamente sotto il peso di queste e altre accuse alla Nestlé. Ma la sua immagine potrebbe subire qualche scossa tellurica. Di ordine morale.

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