«La Punta della Lingua», poesia e libri al femminile
Festival Nelle Marche, fino al 2 luglio 2024, in diversi luoghi si tengono letture, discussioni con autrici da diversi paesi
Festival Nelle Marche, fino al 2 luglio 2024, in diversi luoghi si tengono letture, discussioni con autrici da diversi paesi
«La Punta della Lingua» è un festival internazionale di poesia, organizzato dall’Associazione Culturale marchigiana Nie Wiem, che in quasi vent’anni di vita ha ampliato il suo raggio di indagine dalla parola lirica in senso stretto alle diverse possibili pieghe del linguaggio, linguacce simboliche comprese.
Nell’edizione 2024 della manifestazione, in programma fino al 2 luglio in diverse località marchigiane da Ancona a Fermo, una sezione tematica è dedicata alla poesia femminile e i linguaggi nel tempo; oggi 29 giugno (alle 19, alla Mole Vanvitelliana di Ancona) propone la presentazione dell’antologia Si manifesta la tua voce voci di dodici poetesse e poeti iraniani contro la censura (in collaborazione con Amnesty International Marche).
Sempre oggi e sempre alla Mole di Ancona, alle 21.30, andrà in scena la Compagnia Frosini Timpano (Premio Ubu 2022) con lo spettacolo Disprezzo della donna. Il futurismo della specie.
Una poetessa americana, all’Università di Harvard, Amanda Gunn porterà il suo reading il 2 luglio, alle ore 19, alla Chiesa di Santa Maria di Portonovo di Ancona mentre una sua collega vissuta nell’Ottocento, Annie Denton Cridge, è stata già protagonista in contumacia della presentazione in anteprima nazionale del suo libro, A voi starebbe bene? – I diritti degli uomini edito da Argolibri, nella collana Rosa fresca Aulentissima e tradotto per la prima volta in italiano da Stella Sacchini e Ilaria Mazzaferro.
Bisogna essere grati al marchio editoriale di Nie Wiem, associazione che prende il nome dal refrain poetico di un’autrice donna, Wislawa Szymborska, il polacco, socraticissimo «Non So» che schiude le porte alla curiosità e quindi alla filosofia, alla scienza, alla speculazione; e davvero la curiosità, ma non nell’accezione stucchevole e pettegola della vulgata, è donna e il libro di Annie Cridge, ottimamente introdotto da Valeria Palumbo lo dimostra appieno.
L’autrice britannica emigrata negli States, pochissimo nota in Europa e non troppo indagata nemmeno oltre oceano, attivista del movimento suffragista e capace oratrice, è considerata antesignana della fantascienza femminista, proprio in ragione di questo libro scritto nel 1870; il romanzo consiste in una pretesa raccolta di sogni, i diari di viaggio onirico della scrittrice che racconta di aver visitato luoghi extraterrestri (Marte segnatamente, il pianeta dove gli essere umani fantasticanti hanno riposto da sempre la loro immaginazione) dove esiste una società matriarcale speculare a quella americana dell’Ottocento; un mondo dove le donne tengono le redini della società, rivestono ruoli apicali, legiferano, studiano, decidono. Gli uomini di contro sono relegati alla cura domestica e familiare, non votano, hanno cervello e intelletto atrofizzati come il corpo imprigionato in abiti costrittivi.
Annie Denton Cridge riesce ad un tempo ad essere divertentissima, garbata, arguta e, agli occhi di chi la legge oggi, sommamente inquietante come si addice a ogni inviato ai confini della realtà: è misericordioso lo sguardo su uomini ridicolizzati, decorati, astuti magari ma sempre disadorni perché privi di ogni grazia o barlume di intelligenza. Si sdegna l’autrice e si commuove di fronte ai primi di vagiti di lotta di liberazione dei maschi, puntualmente rintuzzati e irrisi dall’egemonia di genere al potere. La descrizione di Parlamenti di sole donne o di quelli che chiameremmo board aziendali al femminile, su cui si incentra il pamphlet di denuncia politica e socioeconomia incardinata su una dimostrazione per assurdo, è effettivamente e drammaticamente fantascienza anche oggi.
Il lavoro di Cridge, e l’analisi di Palumbo, aprono a più di una riflessione di genere, non solo sessuale, ma anche letterario; A voi starebbe bene? (titolo sapiente nel suo ricorso all’argomento umano, prima che femminile, dell’empatia) rientra in un filone che deborda dagli argini di quella che consideriamo fantascienza e forse sta più dalle parti della categoria anglosassone della speculative fiction, caratterizzata da trame che si allontanano dal realismo, a prescindere dall’elemento dello spazio o del tempo, o da quello scientifico e tecnologico. Si tratta comunque di storie sbalorditive; Amazing stories è stato del resto anche il titolo della prima rivista americana di racconti di Science Fiction (ideata nel 1926), poi mutuato da due serie di tv: la prima di Spielberg, negli Anni Ottanta del secondo scorso, e un suo vago remake risalente all’anno pandemico 2020 tramesso da Apple Tv+. Racconti non sempre marziani ma invariabilmente disturbanti, come quelli della pure fortunata, storica serie tv Ai confini della realtà, ché l’inglese amazing ha nell’etimo il maze, il labirinto, l’intrico che disorienta.
E Annie Cridge disorienta, perché mostra la realtà attraverso il suo ribaltamento in uno specchio, come Lewis Carrol a mezzo Alice, come le meravigliose autrici classiche e contemporanee, da Ursula K. Le Guin a Angela Carter, del libro Le Visionarie raccolta di ventinove racconti scelti dalla coppia Ann e Jeff VanderMeer: il meglio della narrativa fantastica declinata in chiave femminista di ambientazione futuribile e/o surreale; brevi bildungsroman dove viene costruita l’identità sessuale e dei processi di potere (in Italia editi da Produzioni Nero nel 2018 con la cura di Claudia Durastanti e Veronica Raimo).
Se nel solco della narrativa speculativa viaggiano molto bene anche Orlando di Virginia Woolf e tutti i racconti di Daphne Du Maurier, e il pretesto narrativo del sogno è quello di L.Frank Baum in Oz (oltre che di Martin Luther King), la capostipite fantasmagorica di queste trame è Mary Shelley col suo Frankenstein classe 1816; più che moderno Prometeo o prequel di Pinocchio, sogno avveniristico di una maternità diversa, della potenza creativa e generativa non necessariamente di esseri umani, tema su cui finisce spesso sia il racconto delle Visionarie che in parte la riflessione di Cridge (che tocca in modo non banale anche l’aspetto attuale della moda e della cosmesi facciale) e dove si torna prepotentemente anche oggi perché della faccenda non si viene a capo; si dirigono periodicamente lì le sparate demagogiche dei politici, i dibattiti seri e a volti interrotti degli intellettuali (il caso di Michela Murgia con Dare la vita), alcune nuove trame, come quella di Barbie di Greta Gerwig, altre ripescate dal passato prossimo: accade con la Modesta di Goliarda Sapienza che, nella riproposizione di Valeria Golino e Viola Prestieri, nella sua vorace gioia di vivere, è ancora capace di disturbare, non solo gli uomini.
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