Si è riaperto ieri il fronte napoletano nell’eterna guerra tra i giudici e Silvio Berlusconi. I pm partenopei, coordinati da Francesco Greco, hanno chiesto il rinvio a giudizio dell’ex premier, Sergio De Gregorio e Valter Lavitola per la presunta compravendita di parlamentari avviata nel 2006 per far cadere l’ultimo governo Prodi, l’ipotesi di reato è corruzione. La richiesta è stata trasmessa all’ufficio gip e l’assegnazione del fascicolo avverrà nei prossimi giorni. A marzo i pm Vincenzo Piscitelli, Henry John Woodcock, Alessandro Milita e Fabrizio Vanorio avevano chiesto il rito immediato, richiesta respinta dal gip Marina Cimma che aveva ritenuto necessaria l’udienza preliminare.

Sarà quindi il procedimento ordinario a dover provare che il leader del Pdl sia stato «l’istigatore prima e l’autore materiale poi» dell’Operazione Libertà: la strategia con cui portare al centrodestra senatori per far cadere Prodi. In soccorso del Cavaliere, Sandro Bondi: «Tutte le responsabilità dell’opera di convincimento politico che abbiamo esercitato si devono ricondurre alla mia responsabilità di coordinatore di Forza Italia e poi del Pdl». Il leader ha aspettato il Tg4 della sera per definire «assurdo» un rinvio a giudizio.

La procura a febbraio sequestrò una cassetta di sicurezza del Monte dei Paschi nella disponibilità dell’ex premier, chiedendo alle camere l’autorizzazione alla perquisizione e all’acquisizione di tabulati telefonici. Toccherà adesso ai neoparlamentari in clima di larghe intese decidere.

A Napoli sono arrivati testimoni di peso a raccontare quei due anni di governo, in bilico su una maggioranza di 158 senatori contro 156: Romano Prodi, Antonio Di Pietro, il senatore Pd Paolo Rossi, Anna Finocchiaro e l’allora parlamentare Idv Nello Formisano. De Gregorio ha raccontato di aver avuto 3 milioni (uno alla sua associazione Italiani nel mondo e 2 in nero) e la presidenza della commissione difesa per passare armi e bagagli alla coalizione capitanata dal Pdl.

I due coimputati a Napoli assistono all’evolvere del processo in posizioni meno comode di Berlusconi. De Gregorio, accusato di truffa per 23 milioni nell’inchiesta sui finanziamenti all’Avanti! di Valter Lavitola, era stato salvato dall’arresto dal senato grazie al voto segreto. Da febbraio non è più parlamentare: è finito ai domiciliari. E’ in carcere Lavitola, che ha patteggiato per le vicende dell’Avanti! ed è stato condannato in primo grado per tentata estorsione a Berlusconi. De Gregorio a febbraio confessò ai magistrati: «L’accordo si consumò nel 2006… il mio incontro a palazzo Grazioli con Berlusconi servì a sancire che la mia previsione di cassa… era di 3 milioni e immediatamente partirono le erogazioni. Ho ricevuto 2 milioni in contanti da Lavitola a tranche da 200/300mila euro». E ancora: «Discussi a palazzo Grazioli con Berlusconi di una strategia di sabotaggio».
Tracce dell’accordo sono, secondo i pm, nei documenti sequestrati agli imputati, nelle dichiarazioni di Lavitola e, soprattutto, in una sua lettera di 20 pagine, datata 2011, in cui elenca i favori che avrebbe fatto a Berlusconi.