Sono 30 le vittime di una delle giornate più sanguinose in Egitto dall’assedio della moschea al Fatah al Cairo che nell’agosto scorso provocò quasi cento morti. È finito nel sangue anche il terzo anniversario delle rivolte del 25 gennaio 2011. Dopo gli attentati dinamitardi e kamikaze del 24 gennaio che, insieme alle violenze seguenti, avevano provocato 19 vittime, tre diversi cortei si sono svolti ieri al Cairo.

Questa volta la polizia non ha attaccato soltanto gli attivisti islamici, ma le centinaia di laici, uniti nel «Fronte alternativo per la rivoluzione», che si sono dati appuntamento al Cairo per ricordare gli obiettivi di giustizia sociale e libertà di espressione delle rivolte anti-Mubarak scoppiate ormai tre anni fa. Proprio le richieste della piazza appaiono completamente disattese sia dalle politiche liberali della presidenza islamista sia dall’autoritarismo della giunta militare: i due pilastri dello stato che hanno guidato il paese negli ultimi tre anni.

I sostenitori dell’esercito hanno raggiunto piazza Tahrir in un contesto di imponenti misure di sicurezza. Erano presenti sostenitori del vecchio regime, attivisti dei partiti liberali Wafd e socialista Tagammu, insieme al partito degli Egiziani liberi, fondato dal magnate cristiano Naguib Sawiris.

Dal canto loro, gli attivisti laici e socialisti che si oppongono sia all’esercito sia agli islamisti si sono incontrati nel quartiere di classe media, Mohandessin, alle porte della moschea Mostafa Mahmoud. Inoltre, cortei in tutto il paese sono stati organizzati dai sostenitori dei Fratelli musulmani per chiedere il rilascio dell’ex presidente Mohammed Morsi che sarà giudicato dalla Corte del Cairo nelle prossime settimane.

Nella serata di ieri, le forze di polizia hanno disperso le manifestazioni di Mohandessin, scontri sono scoppiati anche tra laici e sostenitori del capo delle forze armate Abdel Fattah Sisi, prossimo possibile candidato alle presidenziali di marzo.

Altre violenze sono scoppiate tra forze di polizia e manifestanti al centro del Cairo, alle porte dell’Alta corte. Il corteo di attivisti laici che ha raggiunto il sindacato dei giornalisti è stato disperso dale forze di sicurezza. Si contano morti e decine di feriti anche a Giza, Minia e Ismailia.

Numerosi cortei islamisti sono stati dispersi con violenza a Nasser el Abad, Sidi Bishr, Asafra e Borg Al-Arab. Sono 450 gli islamisti arrestati in due giorni, insieme a dieci attivisti del movimento 6 aprile. Si contano decine di feriti anche nelle manifestazioni pro-Morsi di Giza e Nassr City, scontri hanno avuto luogo ad Helwan, nel sud del Cairo. Simili violenze si sono svolte nei quartieri orientali a forte presenza salafita della città costiera di Alessandria.

All’alba di ieri un elicottero militare si è schiantato nel Sinai, provocando 5 morti. Le cause dell’incidente sono ancora da verificare. Come se non bastasse, un’esplosione ha colpito ieri gli edifici delle Forze centrali di Sicurezza a Suez. È seguita una sparatoria tra assalitori e polizia con oltre 16 feriti.
Domani il presidente ad interim Adly Mansour parlerà al paese tentando di calmare le acque dopo le gravi violenze degli ultimi due giorni che hanno riportato il terrorismo in Egitto e costretto numerosi stranieri, residenti in Egitto, a rispettare rigide misure di sicurezza.

La dichiarazione della Fratellanza musulmana come movimento terroristico, in seguito agli attentati di Mansoura del 24 dicembre 2013, ha riportato il movimento in clandestinità. Contemporaneamente sono state riattivate le cellule terroristiche jihadiste presenti soprattutto nel Sinai. E così, dopo la schiacciante vittoria dei militari al referendum costituzionale del 14 gennaio scorso, l’Egitto è ripiombato nell’incubo del terrorismo islamista radicale.