Eimuntas Nekrosius, uno dei grandi maestri del teatro mondiale contemporaneo, è morto ieri, probabilmente per un infarto. Era nato nel 1952, oggi avrebbe compiuto 66 anni. Il mondo della malattia non era mai stato estraneo a quello della sua arte. Carattere nervoso, introverso fino ad apparire scostante, liquidava un’ora di domande e tentativi di intervista con due niet e un da. Quando pochi mesi fa una delegazione italiana è andata a scovarlo a Vilnius, nel cuore del suo teatro, lui non c’era; in vece sua hanno parlato i suoi assistenti. La piccola struttura tutta di legno che dà il nome alla sua compagnia, Meno Fortas (il fortilizio dell’arte) aveva un sapore caldo e confortevole, familiare e molto riservato, a differenza di altri registi più giovani e meno dotati di lui, che dirigono e gestiscono grandi sale sui boulevard. Eppure Nekrosius ha il merito di aver aperto la via a più generazioni di registi lituani, da Korsunovas a Tuminas (che dirige a Mosca il Vachtangov).

FORMATOSI come regista alla grande scuola russa, ha elaborato un proprio stile che è anche un linguaggio, una naturalezza lieve e disposta all’ironia, una concisione capace di cambiare la dimensione del tempo, senza far sentire allo spettatore alcun peso per le diverse ore della durata. Senza predicarla inutilmente, praticava una «poesia» scenica più espressiva di tante parole o posture. Anche se i movimenti, e il loro controllo, erano parte importante di quella particolare «muscolosità» dei suoi attori. Una scuola formatasi nel tempo, anche se il regista amava sempre cercare corpi nuovi e giovani,sempre diversi dalla possibile assuefazione ad un canone. Per Hamletas (reinvenzione shakespeariana mirabolante, fresca come l’acqua e solida come il ghiaccio) aveva voluto come protagonista la rockstar lituana Mamountovas. Per gli ultimi spettacoli, come la Commedia dantesca all’Olimpico di Vicenza, aveva voluto un cast giovanissimo, capace di frugare e attraversare ogni angolo e ogni dislivello della scena dello Scamozzi. L’orecchio sempre intento a captare una musica che poteva esplodere come un tuono (Va pensiero per i servitori di Zio Vania) o come suadente percorso (La forza del destino per Amleto), o muovere a spirale il valzerino delle ambizioni e nevrotiche frustrazioni delle Tre sorelle.

DUE IMMAGINI vanno a racchiudere oggi nella memoria la straordinaria storia di questo artista. La prima è il vessillo dell’indipendenza che nel 1989 Pirosmani Pirosmani faceva agitare al pittore irredentista georgiano dell’ottocento contro lo zar, foto trasparente del ferreo dominio sovietico sulla Lituania (e il muro di Berlino sarebbe caduto solo alcuni mesi dopo). Oggi la scena finale del Paradiso all’Olimpico: bellissima, esile e bionda Beatrice che sulle spalle dei suoi compagni attori, vola letteralmente verso l’arte, la vita e la libertà, a segnare la strada che oggi percorre il suo grande maestro Nekrosius.